Interviste d’Autore – Osvaldo Crotti

È indubbiamente un artista poliedrico: pittore, scrittore, grafico e fotografo. Quale di queste arti preferisce? Attraverso quale forma d’arte riesce ad esprimere meglio sé stesso?

“Io, da quando ero bambino, sono stato sempre attratto da qualsiasi forma d’arte generale, con la predisposizione alla pittura e alla grafica, mentre la poesia è entrata nel mio mondo inaspettatamente, per un motivo: i miei genitori parlavano solo il dialetto, perciò ho avuto non poca difficoltà a scuola con l’italiano, infatti la maggior parte dei miei voti erano molto bassi. Comunque, queste arti sono tuttora le mie preferite. Però trovo che sia più difficoltoso esprimersi con il disegno o la pittura, che attraverso le parole.”

Nel testo “Il mondo che non c’è” alcuni versi recitano: “E mi pongo questa domanda. Sarà la fine? Se ci guardiamo attorno un istante, troviamo miseri sguardi, offuscati da tanto odio.” A proposito di questo, qual è il mondo che vorrebbe?

“Questo testo: “Il mondo che non c’è” è stato scritto nel  2009. Come potete notare, molto probabilmente nel mio inconscio, ho anticipato i tempi di quello che avremmo trovato, oggi nel 2022. C’è tanta arroganza, presunzione, odio e invidia, tutto questo può solo portare distruzione, verso il comportamento umano. Di questo mondo vorrei che ci fosse più altruismo, più umiltà, più rispetto, soprattutto per le persone fragili e indifese. Un mondo magari con meno denaro, ma nettamente vivibile, come nel passato, tra gli anni ’60 e gli anni ’80 in cui eravamo molto uniti.”

Nel corso della sua carriera ha ottenuto molti riconoscimenti e le sue opere sono state pubblicate in varie antologie. Si sente soddisfatto artisticamente parlando oppure ha ancora un sogno nel cassetto?

“Se voi la chiamate carriera, il fatto che vinca premi o segnalazioni al merito, io  credo invece che siano delle piccole soddisfazioni personali e niente più, perché non si può prefissare una meta, quando non si è mai imparato abbastanza e inoltre la vita è un soffio d’alito. Quando pensi di essere arrivato, se ti guardi nel profondo, ti ritrovi con la sensazione di ricominciare di nuovo. Onestamente ho un carattere molto esigente, perciò, mi suggerisce di rimanere con i piedi per terra. Per quanto riguarda il mio sogno nel cassetto, ho pensato che forse il lavoro ideale per me poteva essere il fotografo, perché, lavorare sia con la pittura, la grafica e la poesia, è quasi un’utopia.”

In “Tristezza” scrive: “Di te tristezza, dicono che sei il concetto dell’intelligenza.” Crede sia meglio essere stupidi e felici oppure intelligenti e tristi? Crede che una persona intelligente riesca a sfuggire alla tristezza o gli sia impossibile?

“In questo momento ci troviamo nell’era purtroppo degli imbecilli. Come noto, sono immersi nella loro superficialità e spensieratezza, felici. Ho vissuto tutta la vita, con la tristezza incorporata nell’anima, tormentato con l’irrequietezza che mi segna l’esistenza. Chi non prova tali sensazioni non può capire quanto sia doloroso vivere. Comunque anche se sto soffrendo molto, il mio orgoglio mi dice di non mollare, nonostante mi trovo circondato da questa società mediocre e scialba, senza futuro. Più si è intelligenti, più la vita è sofferenza. Perciò la tristezza viene considerata come simbolo di intelligenza, figuriamoci allora come possono percepire queste onde d’urto, i geni. Infine voglio proporvi un aforisma di un grande filosofo Erich Fromm che dice: «Non si può essere profondamento sensibile in questo mondo, senza essere molto spesso tristi».”

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