Interviste d’Autore – Lisa Boneschi

Dalla sua nota biografica apprendiamo che per un periodo ha smesso di dipingere. Cosa l’ha spinta a riprendere in mano i pennelli e come è cambiata la sua arte rispetto al suo primo periodo di attività?

Ho sempre avuto un approccio sbagliato all’Arte. Ho sempre pensato di dover usare il mio dono per diventare qualcuno, o lavorare con l’arte o fare ciò che mi chiedevano, perché mi sembrava l’unico modo. Come se dovessi fare per forza ciò che la gente si aspettasse da me. E questa continua, chiamiamola “costrizione”, che mi sentivo addosso, questa aspettativa, me l’ha quasi fatta odiare. Mi ha portata a non fare più nulla per anni.
Poi è arrivato il momento di scegliere l’università, e non trovavo nessuna facoltà che si potesse adattare a me. Non avevo idea del mio futuro, di che lavoro volevo fare, assolutamente il nulla più totale. Ero curiosa solo di un posto, l’Accademia di Brera, finché informandomi, mi sembrava l’unica opzione possibile per me. Sono entrata. Avevo paura di non saper più disegnare né dipingere, ero terrorizzata. Ma camminare in quei corridoi pieni di Arte e storia è come se avessero riacceso in me qualcosa, ed è tornato tutto in una volta sola ciò che avevo chiuso a chiave per anni. Il problema, è che, ancora, non avevo capito cosa volesse dire per me “fare Arte”, e quindi tutte le mie emozioni positive sono morte, lasciando spazio ad un forte senso di inadeguatezza, non mi sentivo a posto, volevo distruggere ogni singolo disegno che facevo, iniziavo progetti che non mi sembravano mai all’altezza… era tutto così vuoto, ero tornata in quella spirale di qualche anno prima. Iniziavo a viverla male. Imparavo tante tecniche, ma non avevo mai l’ispirazione, il desiderio e il bisogno di dover creare e perdevo tanto, tantissimo tempo. Nel frattempo, per un periodo, ho iniziato a lavorare in un fast food e non riuscivo più a frequentare i corsi e ho lasciato… non nego che mi è rimasto l’amaro in bocca, ci credevo davvero, ed ero delusa di non aver trovato il posto per me, ero delusa di me stessa. Nonostante i miei conflitti interiori, ho tanti bei ricordi, tutte quelle ore passate in accademia, conoscendo tanti giovani artisti, pieni di sogni come me, purtroppo non era la mia strada probabilmente. L’accademia mi ha insegnato ad avere più padronanza dei materiali e delle tecniche, mi ha lasciato tanta nostalgia nel creare, ogni qual volta mi guardavo intorno, senza rendermene conto, mi ritrovavo a pensare all’Arte. Finché un giorno, dal niente, da una normale quotidianità, ero sul divano, davanti alla tv, dopo una giornata di lavoro, con accanto il mio compagno, e non riuscivo a smettere di guardarlo… la mia mente ha iniziato a viaggiare, ricordando tutti i nostri momenti, e
quanto realmente lui sia importante per me, quanto ha fatto per me, siamo praticamente cresciuti insieme, abbiamo superato ogni difficoltà. È probabilmente la persona che più mi ha resa chi sono oggi. Non è per niente scontato, avere accanto qualcuno che sappia DAVVERO ascoltarti. Amarti incondizionatamente. Totalmente. Senza il bisogno di grandi gesti o di scene da film, solo noi. Mi sono resa conto, che nonostante anni di relazione e di amicizia, nonostante fosse il mio primo sostenitore nell’arte, nonostante l’amore che prova per me e per ogni cosa creata da me (non avete idea di quanto sia geloso di ogni piccolo scarabocchio che faccio!), parlo di amore puro, genuino, vero, semplice, meraviglioso… nonostante tutto questo, non gli avevo dedicato nulla, nonostante lui desiderasse ardentemente un mio quadro, da sempre, e me lo ha sempre fatto capire, io non l’ho mai fatto.
Mi sono sentita male, in colpa, non grata, come se per tutto questo tempo lo avessi dato per scontato… e lì… Lì mi è nata questa voglia irrefrenabile di regalargli il mio amore attraverso un quadro. Solo ed esclusivamente per lui. Mentre lo realizzavo, mi sentivo piena, completa. A volte piangevo, commossa al pensiero che finalmente avevo trovato un modo solo mio, per dirgli: GRAZIE. Dal più profondo del cuore. Grazie a questo, grazie a lui, grazie ai sentimenti che mi fa provare, ho capito la mia strada, ho capito cosa mi porta a realizzare le opere più belle, sincere e sentite, non per sconosciuti, o per un esame, o per far vedere se valgo qualcosa, o su commissione, ma per chi amo, per chi mi fa provare qualcosa di forte che sia positivo o negativo, per chi mi riempie il cuore. Solo lì riesco ad essere appieno me stessa. Quindi, non cosa, ma chi, mi ha spinta a riprendere in mano i pennelli. Il mio compagno, Ruben, con la sua infinita pazienza. Rispondendo all’altra parte della domanda, nel mio primo periodo di attività, che è durato fino relativamente poco fa, si vede che era molto più un’arte scolastica, poco sentita, più fredda, prediligevo le matite e il chiaroscuro, più immediate e pensavo di essere più portata per quello. Quando poi recentemente ho capito cosa volevo trasmettere, ho iniziato a realizzare vere e proprie opere, tele importanti, grandi e piene di colore. Coi pennelli volevo proprio avere la sensazione di accarezzare e di
trasmettere alla persona a cui era dedicato il quadro. Non so se all’esterno si nota, ma dentro di me sento una differenza enorme nell’approccio che ho con l’arte negli ultimi anni e coi vari materiali che utilizzo.

Per la realizzazione delle sue opere utilizza diverse tecniche. Come sceglie, di volta in volta, la tecnica da utilizzare? È frutto dell’istinto oppure è l’opera stessa a suggerirla? Inoltre, quale tra le diverse tecniche sente più affine alla sua personalità artistica e perché?

Al momento è più una curiosità la mia, sento ancora di non avere trovato al 100% la mia espressione artistica. Sono un pochino alla ricerca di nuove tecniche, sperimentare tante cose per la prima volta e sentirne il feeling. Le tecniche più affini a me? Ad oggi. L’olio su tela, senza accorgermene è ciò che mi
ritrovo sempre in mano quando devo fare un quadro importante per qualcuno di essenziale per me nella mia vita. Inoltre, sto scoprendo e mi sto appassionando alla grafica d’arte, quindi xilografia e calcografia principalmente. L’intagliare la matrice e mano a mano scoprire il disegno, “tirarlo fuori” da un materiale solido, come ad esempio il legno, sentirlo, la paura di incidere un pezzo in più, o di sbagliare, quella sensazione di controllo che non devo mai perdere, mi piace molto. Mi rendo conto parlandone ora, che le mie preferenze sono agli opposti. Con la prima mi sento totalmente libera di far fluire tutte le mie emozioni, con l’altra devo mantenere il controllo ed essere precisa, è un piacere dato più dalle sensazioni dei materiali. Forse questo mi rispecchia un po’, caratterialmente parlando, passo da momenti di completo disordine, confusione, empatia, emozione, a momenti di assoluto controllo, precisione e rigore.

I suoi dipinti si rifanno all’arte realistica. Come e perché ha scelto di dedicarsi a
questo tipo di produzione artistica?

Sono una maniaca dei dettagli. Per me questo a volte è un’arma a doppio taglio. Capita che tendo a strafare, quindi vengo travolta dai minuziosi dettagli e ci metto veramente, veramente tantissimo per realizzare un’opera, e se inizialmente vengo spinta da un’ondata di emozioni provate quel giorno o in quel determinato periodo, rischio di perdere questo “impeto”, perché porto il quadro troppo avanti nel tempo. Ci ho provato tante volte a ridurre questo mio voler essere precisa, ma ci ricasco sempre. L’arte realistica mi dà soddisfazione, uno potrebbe dire “allora a questo punto fai una fotografia”, ma il pensiero di metterci giorni, mesi, per un’unica immagine, è come rendere importante ciò che ormai diamo per scontato in un mondo così veloce dove non ci si ferma mai ad Osservare. È onorare, ciò che nella realtà ci circonda. E non riesco a farne a meno.

Quale messaggio o sentimento desidera trasmettere all’osservatore con le sue
opere?

Ciò che più mi interessa è che a quel preciso destinatario del mio quadro, arrivi ciò che ho provato per lui durante tutta la realizzazione dell’opera stessa. Se questa persona specifica, riceve e sente le mie emozioni e sentimenti, per me ho fatto jackpot. E godo di questi momenti di felicità, insieme. Sinceramente, mostrare il mio quadro ad altre persone, anche sconosciuti, diverse dal destinatario, mi fa sentire in imbarazzo. Perché per me è come sentirmi un po’ allo scoperto. Come ho detto nella mia biografia, “le mie opere non sono altro che il mio tempo e le mie emozioni dedicati ad una persona a me cara, più semplicemente, la mia Anima”. Non ho mai pensato che tutto ciò potesse avere un pubblico un giorno. Per me è davvero una cosa molto personale e privata. Spero solo, che all’osservatore arrivi
questo mio essere semplice e sincera, e quanto sia guidata dai miei sentimenti.

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