Interviste d’Autore – Ivano Domenico Felaco

Nella vita è un tatuatore oltre che pittore. È più difficile, a livello tecnico, dipingere sulla pelle o sulla tela? E lei, quale preferisce tra le due forme artistiche?

“A livello tecnico è sicuramente molto più complesso tatuare che dipingere, un supporto con un’infinità di caratteristiche alle quali devi adeguarti, che variano a seconda del posto e per di più parla, si muove e pensa in continuazione. Quindi preferisco la tela soprattutto per l’ultima difficoltà, ossia per il fatto che la tela non pensa, davanti alla tela sono sempre io a decidere cosa descrivere mentre con il tatuaggio mi tocca giungere spesso a dei compromessi stilistici.”

Il suo stile cerca di dare un seguito alla cosiddetta “pittura al risparmio”. Può spiegarci meglio il suo percorso artistico?

“Mi piace raccontare che la mia formazione stilistica è avvenuta più per quello che ho visto che per quello che ho studiato, ho avuto dei brillanti maestri ed ho frequentato una rinomata scuola internazionale di fumetto ma per mia fortuna vivo in una città con un patrimonio culturale indescrivibile per la sua ricchezza. Ed è qui che io mi sono abbeverato e ho cercato di far mia quella tecnica che nel periodo barocco ci ha dato lustro in tutto il mondo.”

Caravaggio è indubbiamente la sua più grande ispirazione. Perchè? Cosa la affascina di più della sua pittura?

“Posso dire di essermi innamorato prima di Caravaggio e poi della pittura, una conseguenza dunque. Quel modo di coinvolgere lo spettatore rendendolo parte dell’opera è sicuramente quello che mi affascina di più di Caravaggio ed il mio quadro preferito è la Conversione di San Paolo che si trova proprio a poche centinaia di metri dalla Galleria Dantebus a Santa Maria del Popolo. Quell’opera segna un cambiamento epocale per tutta la storia dell’arte e racchiude proprio il senso di ciò che dicevo poc’anzi, è lo spettatore a completare l’opera.”

“La mia poetica, è un’analitica osservazione che ha l’intento di cogliere ed esprimersi attraverso il linguaggio del corpo raccontando le piaghe della società contemporanea, con dei temi che si rifanno alla mitologia.” Può farci qualche esempio delle tematiche che preferisce a anche a quali miti preferisce ispirarsi?


“A volte il corpo dice più di mille parole, il dipinto Imbarazzo, che ho scelto anche come copertina del mio libro autobiografico, esprime tutto il senso di quello che vorrei dire. Un’emozione, uno stato d’ animo che la figura cerca di trasmettere e raccontare. I miti classici li trovo un veicolo, ieri come oggi, per raccontare la società nei suoi vizi e nelle sue virtù. Delle figure allegoriche della letteratura del sommo Dante alle quali io ho associato; Cupido che rappresenta comunque la lussuria, ho raffigurato un alticcio e spavaldo Bacco al leone ed un narcotizzante Morfeo al lupo sempre affamato. Cercando di cogliere i tre dei più rappresentativi atteggiamenti autodistruttivi della società odierna. Mi è piaciuto molto trattare il tema della violenza sulle donne attraverso la povera Proserpina nella morte del diritto e dell’insoddisfatto narcisismo che alla ricerca della bellezza idealizzata non si sente mai appagata, fino a divenire carnefice di sé stesso. Direi ancora molto su questi temi attuali ma la mia opera preferita rimane Carne su tela ma a riguardo inviterei a leggere la recensione della galleria Dantebus perché mai lettura fu più appropriata.”

Carne su tela
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