Interviste d’Autore – Carlo Petralia

I suoi racconti sono preceduti da una dedica: “Dedicato a chi ha voglia di sognare, a chi vuole viaggiare in luoghi lontani anche solo con la mente, a chi crede nelle proprie passioni, e a chi crede negli amori impossibili.” È questo che rappresenta per lei la scrittura?

“La scrittura rappresenta, per me, una valvola di sfogo, un momento di evasione dalla solita routine quotidiana. È sicuramente un momento in cui, liberamente, esprimo la mia creatività e cerco di lasciarmi alle spalle paure, insicurezze e dubbi. Quando descrivo un personaggio cerco di immedesimarmi completamente in lui. Talvolta mi domando: Cosa farei io al suo posto?”

Da dove e quando nasce la sua passione per la scrittura?

“La mia passione per la scrittura nasce da molto lontano. Fin da quando ero piccolo, mi piaceva inventare storie e avevo una certa dimestichezza con la scrittura. Quando avevo 11 anni, ho partecipato a un concorso letterario in cui ho realizzato la mia prima favola. Successivamente, col passare del tempo ho avuto meno tempo per scrivere perché, prima al Liceo, poi all’università e poi a scuola avevi tempo per fare altro. Solo recentemente ho ripreso a dar libero sfogo alla mia passione. Ma questa mia capacità non è nata casualmente. Difatti avevo anche un’altra passione: leggevo di tutto, dai fumetti ai romanzi classici, dal fantasy ai racconti di avventura. Per questo motivo, ritengo che scrivere sia il risultato di diversi fattori che miscelati opportunamente, possono dare vita a qualcosa di nuovo e inaspettato.”

All’interno delle sue favole ci sono riferimenti o personaggi tratti dalla sua vita?

“Sì, nelle favole che ho scritto ci sono stati riferimenti ad alcuni personaggi che hanno avuto un ruolo importante nella mia vita. Ad esempio, ne “La principessa e il giardiniere” e “La stella dei desideri” mi sono ispirato a una mia vicenda personale. Ho scritto queste due favole, riferendomi ad una ragazza bellissima che ho amato e che mi ha fatto molto soffrire. Volevo mandarle, attraverso questi racconti, un messaggio, facendole capire quanto ci tenessi a lei.”

Le sue favole hanno una morale. È importante per lei trasmettere un insegnamento attraverso i suoi scritti?

“Ritengo che sia fondamentale che ogni favola debba comunicare un messaggio al lettore. Basti pensare alle favole esopiane che terminavano sempre con le parole “La favola insegna che…” proprio per rimarcare un messaggio che fosse di insegnamento a coloro che si trovavano di fronte a questi racconti. Ancora oggi penso che la favola sia una tipologia di racconto capace di trasmettere un insegnamento anche in una società come la nostra, in cui stiamo perdendo di vista i valori tradizionali. Nelle favole da me scritte, la morale non ha solo un intento moraleggiante ma vuole mandare al lettore un messaggio particolare: quello di agire fuori dagli schemi, al di là della logica tradizionale, seguendo il cuore e non solo la mente.”

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