RITA PANNONE

I COLORI E LE GEOMETRIE DELL’ANIMA

«Lasciami, oh lasciami immergere l’anima nei colori; lasciami ingoiare il tramonto e bere l’arcobaleno»
(Khalil Gibran).
L’Ars della pittrice Rita Pannone si basa su di un elemento fondamentale: Il colore. Su di esso, L’autrice crea la propria “timbrica” e il suo stile, tanto che si può definire “colore dell’anima”. Questa idea artistica prevede, comunque, un percorso tridimensionale. Un piano reale, dove la realtà (uomo, paesaggio, natura) è la prima dimensione; un piano interiore dove il profondo, il cuore, la mente e l’inconscio, sono la seconda dimensione; e infine il piano spirituale, dove anima, storia universale e spiritualità, misticismo, rappresentano la terza dimensione. Si può anche aggiungere un quarto piano, meno diretto, più ermetico che rappresenta l’allegoria, il simbolo o la sineddoche. È il caso di “QUIETE”, dove l’albero diventa viola, le foglie e la vegetazione “alta” inglobano e diversificano ogni tipo di blu e verde, mentre l’humus è variopinto di giallo, rosso, verde, blu e viola.
«Ruba tutti i colori del mondo e dipingi la tela della tua vita eliminando il grigio delle paure e delle ansie./Abbandona i tuoi vecchi abiti mentali e vestiti di allegria/» (Omar Falworth).
Lo stesso tipo di costruzione dell’opera si riscontra in “LAVORO SENZA FINE”, dove un’ape operaia è intenta a succhiare il nettare dai fiori. Ancora una volta i colori reali si trasfigurano oltre il tempo e lo spazio, oltre la convenzione. I fiori passano dal bianco al viola e in esso si intrecciano con l’ape che similmente muta.
In “PERDITA” il marrone dell’albero e il blu scuro del cielo tendono a spegnersi e ad oscurarsi nel nero della notte. Il suggerimento cromatico è reso dagli evidenti segni di “recisione” sul tronco:
«Per me gli alberi sono sempre stati i predicatori più persuasivi. Li venero quando vivono in popoli e famiglie, in selve e boschi. E li venero ancora di più quando se ne stanno isolati. Sono come uomini solitari. Non come gli eremiti, che se ne sono andati di soppiatto per sfuggire a una debolezza, ma come grandi uomini solitari, come Beethoven e Nietzsche» (Herman Hesse).
Queste scelte stilistiche, oltre a spaziare nei livelli di senso e sensuali, donano alle opere una forte spinta cinetica. Esse, infatti, risultano “vive e in movimento”. Quasi che da un lato si potrebbe riportare tutto al colore originale, dall’altro si potrebbe arrivare al “puro colore a tinta unita”, all’essenza.
Un ulteriore filone artistico è rappresentato da manufatti, poi incorniciati, di interessanti composizione geometriche, che richiamano “arcanamente” gli schemi pitagorici e le simmetrie delle cattedrali romaniche e gotiche, con particolare riferimento al “Rosone”. Questo filone ci fornisce, allora, una importante chiave di lettura. Come per il “Rosone” la forma è circolare per tutti, ma la composizione interna presenta delle diversità, dai più semplici ai più elaborati, tutti comunque per esprimere un messaggio. La forma è quella di una ruota con raggi che si dipartono dal suo centro. Questo rileva come tali opere siano in stretta relazione con la figura del cerchio che, come linea senza inizio e senza fine, è simbolo di Dio e che, unitamente alla ruota, rappresentano l’eternità, il continuo divenire. La facciata dove il rosone è inserito, come la cornice dove è racchiuso il manufatto, rappresenta il quadrato: abbiamo così, nel cerchio la rappresentazione del mondo divino, mentre nel quadrato vi è il mondo terrestre.
C’è infine un ultimo richiamo che unisce il “colore dell’anima” al “simbolismo rosonico dei manufatti”: i mandala. Se sovrapponessimo i colori del primo filone artistico alle forme del secondo, avremmo tante magnifiche opere, simili alle famose creazioni tibetane che in sanscrito significano proprio CERCHIO. I mandala secondo la tradizione orientale sono una rappresentazione dell’universo. Quando siamo noi a disegnare e/o a colorare un mandala, ecco che la nostra opera può diventare una rappresentazione del nostro mondo interiore e del nostro stato d’animo in quel momento, esattamente come le opere di Rita. Nel contesto religioso i maṇḍala non sono altro che una rappresentazione geometrica complessa avente lo scopo di coinvolgere l’intero Universo nell’atto rituale. È un riferimento all’uomo primordiale da cui ha origine lo stesso Universo, all’Uomo Vitruviano.

«I colori, come i lineamenti, seguono i cambiamenti delle emozioni». (Pablo Picasso)
L’osservatore/lettore dell’opera di Rita, allora, può trarne estremo beneficio. Per la mente: la contemplazione significa dedicare un momento solo a se stessi e attivare la concentrazione. Il plurilivello di significati migliora la capacità d’attenzione, la creatività e la memoria. Per il cuore. Come i mandala le opere di Rita irradiando il colore dal centro e procedendo verso l’esterno, ci incoraggiano ad una maggiore apertura verso gli altri che parte comunque dalla necessità primaria di conoscere innanzitutto se stessi. Per l’anima: l’arte è una via verso la spiritualità, verso Dio, verso l’Infinito.
«Il colore è un potere che influenza direttamente l’anima» diceva Wassily Kandinsky e quelli di Rita Pannone sono COLORI E GEOMETRIE DELL’ANIMA…

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