MARIA RONCALLO

DOPO L’IMMENSO DOLORE (INFERNO), GUARIRE GRAZIE ALLA POESIA (PURGATORIO) E RINASCERE A VITA NUOVA (PARADISO)

“Quando i giapponesi riparano un oggetto rotto, valorizzano la crepa riempiendo la spaccatura con dell’oro. Essi credono che quando qualcosa ha subito una ferita ed ha una storia, diventa più bello.”
È questa l’immagine che può introdurre l’ars poetica di Maria Roncallo. La poesia è una dolce medicina che cura ogni ferita. L’opera di Maria è fatta di dolore, guarigione e rinascita….
PRIMA FASE DOLORE E FERITE. Versi fortissimi che urlano di sofferenza…gridano talmente forte da indurre il lettore a intervenire e da suscitare la rabbia per non poterlo fare: «La donna disumana/è un male oscuro/in questo mondo./La donna/quella che ti ruba/senza guardarti in faccia./La donna/che ti fa stuprare/per la sua depravazione./La donna/che ti frusta/senza pietà./La donna/che ti tortura/per ottenere ciò che desidera,/provocandoti un danno fisico./Queste donne
figlie del demonio…» (“Dignità rubata”). Come può essere esistita tanta malvagità? «Trascinata/per i capelli;/calpestata/coi piedi;/derisa dai bambini;/difesa/dalla rabbia;/zittita/dalle minacce,/mortificata/a vita!» (“Memorie vessate”). L’ira non può placarsi, il ricordo è impresso indelebilmente come un tatuaggio: «Io/immersa nella rabbia,/costantemente…/come un tatuaggio nero/segnato sulla mia pelle…/Vorrei eliminarti/per far risorgere/il sole…» (“Anima sofferente”). Sul corpo e sull’anima l’inchiostro nero ha inciso la pelle e aperto ferite sanguinanti: «Sono tre dolori/più grandi/della mia vita,/tatuati/sulla mia pelle;/indelebili;/incomprensibili;/da chi/non li ha mai vissuti;/ineguagliabili/da chi li conosce./Non rubate/l’innocenza/degli infanti/ancora ignari/di questa fuggevole/vita!» (“Tre gocce nere”). Ma è qui che inizia il cambio di rotta…la nave della vita sopravvive alla bufera. GUARIGIONE/NASCITA DELLA POESIA. A terra, umiliata e derisa, immersa nella più profonda oscurità di un mondo malvagio, l’autrice ha una visione di una luce lontana. Un faro nella notte. Una donna l’ha atterrata, una donna le dona speranza e rinascita: Calliope, la Musa della poesia. Il suo sguardo d’Amore dà inizio alla risalita, sospinge la barca fuori dalla tempesta: «I tuoi occhi marroni,/mi penetrano nella pelle;/nei miei occhi;/nel mio sorriso./Quando sorridi,/ti si formano delle rughette/lateralmente ai tuoi occhi,/così/che si possa catturare lo splendore/della tua luce…/Oh luce dei miei occhi,/dammi le tue mani,/prendi le mie mani,/ascolta la mia presenza,/il mio respiro forte» (“Calliope”). L’autrice, allora, si ribella come un’epica eroina…Maria intinge il dito nel sangue delle proprie lacerazioni e inizia a scrivere…è la nascita della sua arte! La donna diventa poetessa. Sgorga dal cuore una sorgente pura, fatta d’acqua, sudore e lacrime cristalline. Ed ecco che il foglio si monda e torna bianco. La poesia è il porto dove approdare, il rifugio sicuro dove guarire: «Scendono le lacrime,/sui vestiti,/sulla pelle,/sulle mani./piangere/da lontano,/piangere/da vicino;/correre/verso di te/in lacrime./Aprire/il cuore/in lacrime/per averti…/tutta mia!» (“Rifugio”). E come per miracolo le ferite si chiudono, è tempo, finalmente, di cominciare a vivere e di trovare in fondo al cuore la chiave della propria vita: «Ignari del tempo/che ci passa davanti./Apriamo gli occhi,/togliamo il velo,/troviamo la chiave…/la chiave di noi stessi» (“Solitudine”). RINASCITA. Come una fenice Maria risorge dalle proprie ceneri. La nuova esistenza porta intensamente a provare “dolci” emozioni, a trovare l’amore: « Palpitazione del cuore anomalo;/le mani piene di emozioni;/gli occhi pregnanti di folgorazione;/sentire la tua voce/mi germoglia/il canticchio degli uccelli in volo./All’ improvviso ti cambiano i sapori,/la visione della vita,/l’ emissione d’energia forte,/sentimenti mai provati/solamente immaginati» (“Il mio colpo di Fulmine”). L’incanto della poesia e delle emozioni accendono e suonano, per la prima volta, una musica celestiale: «Sei un ritmo,/avanti/e/indietro;/batti/al mio cuore;/balla/al mio canto…» (“La musica”). UNIFICAZIONE/ACCETTAZIONE. C’è un ultimo passo da compiere, un estremo gradino da salire. Le ferite sono guarite, ma le cicatrici restano. Esse sono sempre visibili all’occhio e non possono essere cancellate, la memoria non può resettarsi: «Segnati al volto,/segnati al corpo,/segnati all’anima./Siamo liberi,/ma imprigionati/nella tristezza/di tutti i giorni,/nella sapienza/di questi solchi» (“Le cicatrici”). La poetessa vede come attraverso uno specchio. Passato e presente si conciliano. Lei stessa OGGI consola e ama la Maria di IERI. È la riconciliazione che permette di guardare al futuro, è l’atto che rende possibili non soltanto “L’È” o “L’È STATO”, ma anche il “SARÀ”: «Ti guardo dallo specchio;/ti osservo dallo specchio;/ti tocco dallo specchio;/ti penso dallo specchio;/ti piango dallo specchio;/ti parlo dallo specchio;/ti lavo dallo specchio;/ti amo dallo specchio;/ti sorrido dallo specchio;/ti abbraccio dallo specchio» (“Lo specchio”). Una grande lezione di vita, un immenso percorso umano e poetico, il coraggio e l’amore di andare insieme verso l’eternità: «Sei la cosa/più bella/che la vita/mi abbia regalato./Mi stupisci di continuo,/mi vizi;/mi pensi;/mi osservi;/mi ammiri;/mi vivi/anche con molte difficoltà./Resta al mio fianco/ed io vivrò per sempre!» (“L’eternità”). Il lettore che si immergerà nell’arte di Maria, si troverà di fronte ad un percorso simile alla Divina Commedia di Dante; con la differenza che il viaggio non è immaginario ma reale, vissuto sulla propria pelle. E allora è “doveroso” scendere con lei negli inferi, mondarsi nel purgatorio e infine volare insieme nel paradiso: «Non mi pento dei momenti in cui ho sofferto, porto su di me le cicatrici come se fossero medaglie» (Paulo Coelho).

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