Interviste d’Autore – Diana Palma

Come si è avvicinata alla scrittura? Quale funzione le attribuisce e perché?
“Per me ma scrittura è salvezza. Sono una persona che ha spesso la necessità di lasciare le idee e le emozioni libere di rimbalzare tra le pareti di una stanza solo mia e quella stanza privata per me è il luogo della scrittura. Mi sono avvicinata alle parole e alle storie nel momento in cui mi sono permessa di entrare in contatto con la parte più profonda di me. Già da piccola amavo tenere un diario, ma solo dai 14/15 anni ho iniziato a scrivere di altro e di altri, a inventare storie e a immedesimarmi in qualcosa di lontano da me, per evasione e anche per divertimento.”
La poesia e il racconto sono due generi che permettono di esprimere emozioni in modo diverso. Cosa le piace trasmettere con la poesia e cosa con il racconto?
“Nasco come racconta-storie e mi piace perché per me è la forma più naturale di raccontare e raccontarmi. Siamo circondati ogni minuto dalle vite degli altri, i conoscenti, la televisione, i libri, ma le storie che mi interessano ancora di più sono quelle che arrivano dalla finzione, dall’immaginazione o anche dal ricordo dei sogni. Negli ultimi anni mi sono avvicinata anche alla forma della poesia, più casualmente che per volontà. Ho scoperto che accostare le parole per immagini o per suono mi diverte e dà tante possibilità nuove, e così ho cominciato a provarci per davvero. Sono due modi molto diversi di esprimersi: con una storia si ha lo spazio per spiegare meglio le proprie ragioni, mentre con la poesia l’obiettivo è trovare le parole giuste e andare dritti al punto, senza preamboli o introduzioni.”
Quando scrive un racconto immagina i suoi dettagli e la conclusione sin dall’inizio oppure le piace costruire la trama lasciandosi trasportare dal flusso della scrittura? 
“Non ho mai iniziato un racconto sapendo già precisamente come sarebbe finito. In genere inizio dall’idea di un titolo, dall’immagine di una scena oppure, più spesso, da una singola frase. Parto e strada facendo vedo dove arrivo. Per me è un momento di stacco, cerco di programmare il meno possibile.”
I termini che sceglie di utilizzare nelle sue poesie sono ricercati e studiati oppure sono frutto dell’ispirazione del momento?
“Per scrivere una poesia non basta prendere un foglio e iniziare dal nulla, a volte le parole che servono sedimentano nella mente anche per giorni. Quando poi si decide di scriverle nero su bianco l’idea prende consistenza e lì si capisce se può avere valore o meno. Dopo la prima stesura viene la fase della scelta delle parole più giuste, dell’accostamento dei suoni e dell’intervento sulla punteggiatura: ogni modifica al testo è pensata e voluta. Mi è capitato solo poche volte finora di scrivere una bozza e di lasciare tutti i versi esattamente come li avevo scritti la prima volta, senza cambiare niente, ma non è quasi mai così semplice.”
Quali sono le tematiche dei suoi componimenti poetici e dei suoi racconti che possiamo ritrovare in entrambi gli stili seppur sotto forme diverse?
“In quasi tutti i miei scritti c’è una componente di sofferenza che sembra quasi malinconia, a volte è più evidente, a volte meno. Spesso è nei momenti più difficili che sento la necessità di iniziare a scrivere, allora provo a uscire da me e a dedicarmi un momento di stacco, ma qualcosa della tristezza che provo in quel momento resta impressa comunque sul foglio. Per fortuna non sempre, ma penso che questo vento inquieto sia una costante nei miei scritti, se non nel contenuto almeno nell’atmosfera.”
Quanto la sua vita privata, il suo lavoro, gli studi intrapresi influiscono nella realizzazione dei suoi scritti? 
“C’è sempre una parte di noi in quello che produciamo, che sia un quadro, un dolce o una poesia. Per me in alcuni casi l’influenza deriva dagli studi che faccio: qualcosa mi resta in testa, anche solo un’atmosfera o l’idea di una scena, e parto da lì. Ma l’impronta decisiva la dà l’immaginazione, e mi diverto a seguirla e a vedere dove mi porta.”
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