Interviste d’Autore – Stefano Luti

Nella sua biografia si legge che ha un’intensa attività letteraria, che spazia dalla poesia alla narrativa, dalla lirica alla filosofia e dal teatro alla favolistica. C’è un campo che predilige tra questi? Se sì, perché?

“La curiosità e lo spirito di conoscenza, accompagnandomi sin da giovane, mi hanno portato a studiare ed approfondire varie sfere culturali. Scrivere, è divenuta una necessità, dapprima nell’ambito poetico e poi, parimenti agli approfondimenti letterari, verso altre modalità espressive, confrontandomi inizialmente con brevi racconti, sia per adulti, sia per bambini. Questi ultimi sono stati un banco di prova assai severo, in quanto, privi di qualsivoglia mediazione sociale, sono ben capaci di esprimere, con dirompente sincerità, il loro pensiero e giudizio. Le esperienze personali, lungo il corso della vita, mi hanno offerto la possibilità di frequentare gli ambienti della letteratura, danza, teatro e lirica, incontrando straordinari autori ed interpreti, che hanno fortemente indotto il mio cimento, nei vari campi, raccogliendo lusinghieri apprezzamenti. Certamente amo la poesia, mio primissimo amore, anche per l’immediatezza intimistica, di un verso gettato sulla nuda pagina, o di un concetto, meditato e sconfinante nella filosofia, vera maestra di vita e fortemente legata alla teologia. La filosofia e la saggistica, sono un retaggio lasciatomi da una stretta collaborazione artistica, con un maestro di vita e carissimo amico, Antonio Cristiano, purtroppo giunto al termine della sua esistenza, con grande precocità. Anche il teatro mi appassiona fortemente, grazie al magico flusso di energia, che dal pubblico giunge agli attori, nutrendoli e rendendoli atti, grazie alla recitazione, a restituire agli spettatori, l’emozione di una scoperta, che dialoga con i sentimenti e l’intelletto.”

In alcuni suoi componimenti tratta il tema della fede. Quanto e come la teologia influenza la sua produzione poetica?

“La mia fede è legata, non tanto alla religione quanto alla spiritualità, privando dunque il mio credere, dell’artificiosità di molte istituzioni e della ritualità, ripetuta nelle forme. Tale personale pensiero, mi ha condotto, ad una poetica del divenire, dove immagino l’umanità transitare, dallo stato di non conoscenza, spesso foriero di cieca arroganza, alla ricerca interiore, espressa, sino alla visione di un Essere Superiore, con il quale si spera patteggiare, il verso più bello, che possa condurre, ad un finale epico. In ogni caso per me, la mente, dev’essere sempre aperta e non vincolata a precetti appresi a memoria. Nella mia poetica, sono comunque presenti tutte le sonorità dell’anima e dei sentimenti, declinate nello scrutare quell’abisso che è il proprio essere, avendo il coraggio di discendervi e di risalire, scoprendosi una persona migliore.”

Come si è avvicinato alla scrittura? Quando ha capito che sarebbe stata un’attività centrale nella sua vita?

“Nel modo più naturale possibile. Senza nessuna “folgorazione sulla via per Damasco” ma comprendendo sin da ragazzo, come vi fosse l’impellenza voler condividere i propri pensieri e riflessioni, non solo tramite la parola parlata, ma anche e soprattutto con quella scritta. Credo che ogni persona, presto o tardi, scopra il proprio demone, quella spinta propulsiva, capace di farci compiere gli sforzi più tremendi per raggiungere un sogno, qualcosa di cercato anche l’intera vita. Il mio personale dáimōn, si è fatto percepire assai presto nella mia esistenza e fortunatamente, ancora, non mi ha abbandonato e pare volermi bene.”

Se dovesse definire la sua poetica, quale termine utilizzerebbe?

“Questa è la domanda, la cui risposta è per me la più difficile. I poeti che maggiormente mi hanno attratto, sono originali e distanti fra loro: da William Blake a Samuel Taylor Coleridge, da Edgar Lee Masters a Salvatore Quasimodo. Inoltre, non posso trascurare di essere stato influenzato dai classici greci e latini, nonché dalla raffinatezza dei versi arabi e indiani. Tale influenza, se non nello stile, è presente nel modo di sentire, di percepire la realtà, non realtà, attraverso contrappunti ed armonie. In ultima analisi, la mia poetica la definisco, romantica, simbolica, certamente sintetica, scusandomi per aver utilizzato tre termini, che ritengo fra loro legati, da un comune e indissolubile filo interiore.”

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