Intervista d’Autore – Marco Pedroni

1. La poesia come incontro vale solo per animi sensibili, artistici, oppure vorrebbe attraverso le sue poesie raggiungere più persone possibile? Quanto è importante la condivisione?

No, sinceramente non penso che la poesia come incontro valga solo per animi sensibili o artistici, anche perché credo che ognuno dentro di noi abbia un minimo di sensibilità, penso che qualsiasi persona davanti a una determinata situazione si possa emozionare, sia in maniera positiva che negativa, e anche che tutti abbiano una parte artistica, magari non intesa come l’arte che tutti si aspettano, ma penso che ognuno abbia la propria arte. Ovviamente io vorrei cercare di arrivare a più persone possibili con le mie poesie, come ho sempre detto scrivo per me e per chi si sente come me, capisco benissimo che non sono per tutti e che non possono piacere a tutti, ma so anche che tanta gente si sente persa e ha paura di ciò che succederà domani, quindi di conseguenza penso che la condivisione sia fondamentale; condividendo con più persone possibili le mie emozioni e la mia vita all’interno delle poesie, qualcuno potrebbe stare meglio o comunque sapere che c’è qualcuno che si sente come lui in quel determinato momento, le mie poesie sono un po’ come un messaggio di quell’amico che quando qualcosa non va ti scrive “Ei, ci sono qua io con te, stai tranquillo, passerà”.

2. Se dovesse descrivere con un’immagine la sua poetica, quale sarebbe?
Penso che l’immagine perfetta sia quella di un funambolo che guarda il vuoto con un’aria di paura e di sfida, come ho scritto in una poesia: “Sono un funambolo in guerra con l’altezza…”, il funambolo sono io e l’altezza è la vita, sono in guerra con la vita da sempre, diciamo che non siamo mai andati troppo d’accordo ma l’ho sempre continuata a sfidare, non gliel’ho mai data vinta, la speranza non deve mai morire, ed infatti un altro messaggio che voglio lanciare a tutte le persone che leggono le mie poesie è che c’è sempre speranza; non voglio raccontare la rassegnazione, io voglio portare la speranza negli occhi della gente.

3. Lei è molto giovane, dunque ricorderà il momento in cui si è avvicinato alla scrittura. Come ha scoperto la poesia?

Allora non mi ricordo molto bene di preciso, ma mi sono avvicinato alla scrittura intorno ai 15/16 anni, quando ho iniziato a scrivere i primi testi per le mie canzoni, mi sentivo troppo pieno, dentro di me non c’era più spazio e non c’era niente che sapeva farmi liberare, così un giorno presi la penna e iniziai a scrivere, ricordo come se fosse ora che fu come tornare respirare, iniziai a piangere, ero davvero incredulo, non credevo che una penna e un foglio bianco, due oggetti così apparentemente poveri, fossero in realtà l’unica arma per riuscire a tirare fuori ciò che avevo dentro. La prima poesia vera e propria l’ho scritta mentre preparavo un’esame di chimica, studiavo avevo un pensiero che mi girava in testa e che non se ne andava, così aprì le note del telefono e scrissi: “Passato, presente e futuro” nel giro di 2/3 minuti e da quel momento non ho più smesso.

4. Visto il ruolo quasi terapeutico della poesia pensa che continuerà a scrivere in futuro? Ha mai pensato di sperimentare altre tecniche di scrittura?

Certamente, la scrittura è una salvezza vera e propria, non solo per sé stessi ma anche per le altre persone, il bello della scrittura è che puoi prendere un’emozione, oppure un momento della vita e fissarlo per sempre su un foglio di carta senza farlo scomparire mai più. Per quanto riguarda la sperimentazione di altre tecniche di scrittura sarò molto sincero: penso che l’arte in generale sia arte proprio perché non ci sono molte regole; anzi, penso che sia in continua evoluzione e  proprio invenzione continua, io scrivo ciò che sento e vivo senza seguire schemi o altro, anzi, tornando alla domanda di prima penso che nel momento in cui mi verrà chiesto di cambiare tecnica di scrittura o di seguire determinati schemi, allora forse l’inchiostro che farò cadere su un foglio lo condividerò soltanto con me stesso.

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