Interviste d’Autore – Gian Luca Marchi

In che modo nascono le sue poesie? Sono frutto di momenti di vita reale e personale oppure le piace scrivere di sentimenti universali?

“Ci sono vari modi in cui scrivo. Quello più frequente è quello che nasce dall’emotività di un momento: un momento di tristezza, una reazione ad una notizia, un pensiero allegro. In questi casi scrivo di getto, salvo riprendere in mano il tutto più tardi per apportare qualche modifica e limare il testo. Altre volte invece la poesia nasce da una parola o da una breve frase che mi ha colpito, da un’immagine. Intorno a quella parola costruisco dei versi, elaboro dei pensieri, cerco di giocare con le parole, mi diverto a cercare rime complesse, allitterazioni, figure retoriche. Insomma: è un lavoro forse meno spontaneo nel senso dell’emotività, ma più articolato e tecnico. In alcuni casi riesco a scrivere su di un argomento perché decido di farlo. Ad esempio se voglio scrivere qualcosa sulle nuvole, cerco di “sentire” cosa mi ispirano e mi lascio andare con le parole. Per quanto riguarda i temi mi piace dipingere soprattutto ritratti di persone che mi sono care o di momenti vissuti insieme a loro. Oppure mi piace parlare del mondo della natura, le stagioni, i fenomeni atmosferici e dei sentimenti che mi ispirano.”

In che modo ha selezionato le poesie da inserire in questa collana? Perché la scelta è ricaduta su alcuni componimenti invece che altri?

“Ho scelto semplicemente i componimenti che mi emozionavano di più, che per me erano più significativi e che sono nati con maggiore spontaneità. Altri sono rimasti nel cassetto perché meno interessanti o meno adatti ad una raccolta o magari perché troppo contestuali a situazioni o personaggi della mia vita privata.”

Quale tra le poesie della raccolta sente più cara o rispecchia maggiormente il suo sé poetico e perché?

“Questa è forse la domanda cui mi è più difficile rispondere, perché ogni poesia scelta rappresenta per me un momento significativo, emozionale, intenso. “Rugiada” è stata la prima poesia in assoluto che abbia mai scritto e che ha dato il via a tutte le altre, rendendomi consapevole che ero in grado di fare una cosa che non mi sarei mai aspettato di riuscire a realizzare. Nasce dalla commozione suscitata dall’essere padre di due figli che ho amato ed amo in maniera smisurata, dall’osservarli crescere, giocare, diventare fanciulli, ragazzi, adolescenti e, pian piano, uomini. È stata generata quindi da un’emozione molto intensa ma è anche stata costruita parola per parola, utilizzando ricercatezza nei termini, nelle rime. Ho cercato non solo le rime alternate ma anche assonanze all’interno dei versi (“stille…/scintillan”, “rispecchiano…/succhian), l’uso di termini con significati ambigui (“minuti” nel senso di unità di tempo ma anche aggettivo correlato ai ragazzi – ”frammenti vivi d’universo”), il riferimento del termine “grembo” sia a quello che mi ha donato la mia vita che al quello che ha messo al mondo le vite dei miei figli. È quindi frutto sia dell’emozione che del lavoro di ricerca delle parole, un gioco che amo molto fare. Faccio uno strappo alla regola citando brevemente anche un’altra poesia cui sono molto legato che è “Pagina di diario di un guardiano del mare di Lampedusa”, nata dallo strazio per la morte di tante giovani vite innocenti, ma anche da un’immagine da cui è partita l’ispirazione, ovvero il “berretto d’ordinanza disegnato dal sale”.”

Ci piacerebbe che lei commentasse la sua poesia dal titolo “Evanescenza” dando al lettore la chiave giusta per comprenderla.

“Evanescenza” è stata scritta molti anni fa, fra le prime mie poesie. Nasce da un momento triste, di lutto. Era venuto a mancare prematuramente il papà di un mio caro amico ed io volevo manifestargli la mia vicinanza ed il mio affetto oltre che con i gesti anche con le parole. Spesso in quei momenti si rischia di dire banalità che si perdono nel mare delle tante sincere condoglianze, così ho voluto provare ad esprimermi con i versi che a volte riescono meglio a manifestare un sentimento rispetto alle parole in prosa. Avendo vissuto anch’io un lutto analogo poco tempo prima, ho provato ad immedesimarmi in un’anima che trapassa, con un misto di stupore, sconcerto, incorporeità, (Evanescenza) ma anche di rassicurazione, di identificazione con la natura e i suoi fenomeni, di persistenza nella mente di chi rimane.
Rileggendo questi versi dopo molti anni, rimango tuttora colpito da queste immagini, da come rappresentino ancor ora delle sensazioni vive in me, dei colpi di pennello che tentano di ritrarre una figura che è impossibile da ritrarre nella realtà.”

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