Interviste d’Autore – Fanny Ercolanoni

Quanto e in che modo la sua vita privata, gli studi intrapresi e il suo lavoro influenzano la sua poetica?

“Ho una formazione giuridico/psicologica: la mia esperienza lavorativa, svolta sostanzialmente ad erogare servizi di aiuto e risposta a bisogni, mi ha fatto entrare in contatto con realtà di disagio, a volte di vera e propria sofferenza, comunque di criticità soprattutto emotive. Ci sono varie strategie per schermarsi dalle emozioni altrui e, il più delle volte, è buona cosa quando la mente deve restare oggettiva per dare la migliore prestazione; restare lucidi, però, non significa essere distaccati. In questo difficile equilibrio ho sperimentato e sviluppato l’empatia che mi ha permesso, e mi permette, non solo di capire ma anche di meglio comprendere emotivamente il punto di vista dell’altro; non necessariamente per condividerlo o giustificarlo, ma per avere ben chiaro che il mio mondo non è il mondo. É una esplorazione, un’osservazione continua che favorisce relazioni profonde con me stessa e con gli altri suscitando moti interiori ai quali, attraverso la poesia, do corpo.”

Sappiamo che oltre alla poesia una sua grande passione è quella per la musica, quanto di poetico troviamo nelle sue canzoni e di musicale nei suoi testi poetici?

“Molto spesso le mie poesie sono diventate spunti, idee se non addirittura testi di canzoni a volte,
invece, è successo il contrario. Penso che questa bi-direzionalità accada perché l’elemento che lega il passaggio tra i due tipi di testo sia un mio naturale senso del ritmo, una percezione della scansione del tempo che sfugge anche alla mia consapevolezza. Mentre scrivo, una poesia o una canzone, non parto da una metrica, ma immagino che le parole siano note e, in quanto note, le colloco in un pentagramma immaginario. In fondo la parola è segno ma anche suono così come la nota: cambia solo la modalità di emissione. In musica la sequenza di note fa la melodia… ma non basta, serve anche l’armonia: ecco, penso che debba accadere la stessa cosa nella scrittura. L’insieme di parole fa un testo ma quelle parole, secondo me, vanno scelte in ragione di suoni armonici (mi piacciano molto le assonanze) quasi orchestrali e la scelta non è mentale ma proprio uditiva. Sicuramente questo approccio è stato favorito dall’aver studiato pianoforte e cantato per diversi anni. In fondo ho sempre detto di me che conosco il mondo più per quello che sento che per quello che vedo.”

Qual è il sentimento che la spinge a scrivere poesie? Sente che la aiuta ad affrontare meglio i sentimenti e la vita quotidiana?

“Puoi “toccare” il dolore degli altri solo se sei disponibile a toccare il tuo: ecco perché scrivo, lo accolgo, gli do parola e dignità; è un attore della nostra anima al quale non si dà quasi mai il palcoscenico occupato dal “va tutto bene” a prescindere. Scrivere per me è qualcosa di più di uno sfogo, o di una “terapia”, una fuga, un rifugio; è sospensione del giudizio, è andare oltre trasformando, è uscire dall’egoismo per donare e perdonare, nel tentativo di decifrare meglio la complessità e le sfaccettature degli eventi, dei perché, dei come e anche dei silenzi. Un tentativo appunto, non facile, né comodo, a volte frustrante ma è un viaggio comunque affascinante.”

Qual è il suo verso preferito tra quelli che ha composto? Perché?

É un verso della poesia “il tempo senza spazio” ovvero attimi taglienti come spade di solitudine perché è sensoriale ovvero: è immediatamente iconico, è una sorta di dipinto abbozzato con le parole anziché con i colori; nell’insieme, ha un suono penetrante quasi onomatopeico; dà la sensazione fisica di ricevere un fendente; sembra quasi di sentire l’odore/sapore del ferro. Da ultimo, perché restituisce, in una istantanea, quello che ho provato tutte le volte che mi hanno definita fuori dal coro.”

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