Margutta 6 Pittori Special Edition – Claudia Converso

Torna ad esporre nella nostra Galleria un filone artistico legato alle favole trasposte in chiave moderna. Cinque opere legati ai vizi e agli “opposti”. “Speranza” è, invece, il sesto quadro che chiude questa collezione. Può raccontarci la genesi di queste opere ed il significato del quadro “Speranza”?

“Nell’edizione precedente dei “6 pittori special edition” della Galleria Margutta ho presentato una vera e propria serie, diciamo alla sua prima stagione: “ONCE UPON A TIME… NOW”. È successo così di raccontare in pittura alcune delle favole più famose, per lo più di principesse, aggiornandole al tempo odierno, che purtroppo, in particolar modo per la figura della “donna”, riserva oggi molti e troppi lati oscuri. Come nella migliore tradizione fiabesca, ogni opera, nella quale il personaggio indossa comunque gli abiti e gli elementi tradizionali che lo contraddistinguono, nasconde una morale, che si svela suggestivamente nel titolo del quadro quadro. Ecco quindi la piccola Cappuccetto Rosso che ha ucciso la nonna, Belle che ricorre alla chirurgia plastica, Cenerentola che dopo la mezzanotte si ubriaca in un bar malfamato, Biancaneve che chiede l’elemosina in solitudine e la principessa sul pisello che si risveglia sì sui suoi 16 materassi, ma nel bel mezzo di una discarica. (Quindi tutti qui sono personaggi delle favole, solo che non lo sanno…) Dovevo in qualche modo concludere questa serie con una seconda stagione che includesse personaggi maschili e problemi comuni. La tematica della seconda stagione del nuovo suggestivo filone pittorico è dichiaratamente quella dei mali del mondo, con i quali si cimentano noti personaggi delle fiabe: “SOMETIMES IT’S BEST NOT TO OPEN PANDORA’S BOX. SOMETIMES, IT’S BEST NOT TO KNOW”. Dunque, ad una prima vista i mali vanno ad intaccare non solo il mondo ma anche gli eroi mitici e favolosi di esso: Peter Pan invecchiato è in una RSA su di una sedia a rotelle, Grimilde riesce finalmente ad uccidere Biancaneve, Raperonzolo affetta dal cancro perde i suoi meravigliosi capelli, Alice impazzisce al punto da ritrovarsi con la camicia di forza, il Genio della Lampada fuma… Non è chiaro cosa. Una metafora, questa, per alludere alla scoperta di un problema che per molto tempo è rimasto nascosto e che una volta manifestatosi non è più possibile tornare a celare. Poteva restare tutto così? E il lieto fine? Infatti, il mito di Pandora narra che sul fondo del vaso -prontamente richiuso -, rimase la speranza, sicché aprendolo nuovamente uscirebbe anche la speranza e il mondo riprenderà a vivere: “SOMETIMES SCRAPING THE BOTTOM OF THE POT IS THE ONLY SOLUTION”. Sovviene, così, un’altra interpretazione delle opere: gli eroi, i buoni delle favole si sono immolati, prendendo su di loro il male, portandolo su di loro sino alla morte di entrambi. Ma la speranza e la fantasia salveranno il mondo… e cosa lo può salvare se non una nuova vita? Ecco allora Biancaneve, in compagnia dei 7 nani sconvolti ed eccitati, che si presta a partorire con l’aiuto di un’ostetrica “azzurra”.”

Sta continuando a produrre opere che seguono questa scia artistica oppure ha intenzione di concentrarsi su altri soggetti?

“Direi che, almeno per ora, le fiabe sono esaurite. Ho un nuovo progetto, che nasce dalla radice della mia esperienza artistica e termina in quello che è stato il mio mestiere prevalente degli ultimi anni, la pubblicitaria. Nei lontani anni ’80 sono approdata in un’esposizione del tutto nuova nel panorama artistico italiano, che riuniva tante esperienze dissimili, ma non troppo, che affondava le proprie radici in un passato comune, che scopriva una certa unità di intenti e di ricerche estetiche ironizzanti e ludiche “il pensiero debole oggi, per un’espressione forte domani”. La mia formazione, il mio lungo tirocinio come pubblicitaria, la mia attenzione a quanto avviene oggi nel mondo dei giovani uniti alle relazioni forti che mi legano agli altri artisti come me, mi hanno portato a una nuova idea dove i miei lavori intrecciano il mondo e la persona insieme, con una grande ironia. Questa volta mi dedico alle persone reali, quelle reduci dagli anni di pandemia e da tutto il resto, per lo più giovani, con l’intento di sdrammatizzare con loro le ansie della vita. Condire insomma le emozioni, toccando argomenti anche molto seri, come depressione, autolesionismo, paranoia, con grandissime dosi di ironia, un po’ come si fa in pubblicità.”

Quali sono i suoi riferimenti artistici? Chi sono i pittori che la ispirano di più per la realizzazione dei suoi dipinti?

“I riferimenti sono un po’ tutti, adoro le ombre di Caravaggio, ma uso i colori sgargianti di Andy Wharol. Sono un’artista che ama l’arte dall’inizio alla fine e ne trae sempre qualche particolare riferimento. Quando, alcuni anni fa, ho ripreso a dipingere a tempo pieno, la pittrice più mi ha ispirato è stata senza dubbio Frida Khalo, per la complessa personalità di donna e di artista, per la visione del mondo, per come abbiamo entrambe affrontato gli “incidenti” della vita, per le tempestose relazioni… mi rivedo molto in lei. La sua arte è l’esempio di un genio, dinamico, intessuto di giochi e parole, quasi umoristico, che fa di lei una figura, alla fine, quasi felice nonostante tutte le sue sofferenze. Lei dipingeva il suo essere interiore, la sua solitudine, come pochi artisti hanno saputo fare. L’arte era la sua vita e l’arte ha salvato la mia.”

Oltre ad essere una pittrice ha anche una galleria d’arte a Torino, “Spazio 44”. Come è nato questo progetto e quanto conta per lei?

“Ritengo che il momento storico possa essere favorevole all’avvio di una attività basata sullo sviluppo dell’arte visiva e della comunicazione in generale: la rinuncia dalle esibizioni di arte, cultura e musica determinata dalla pandemia ha fatto comprendere quanto queste siano importanti per completare ed arricchire la vita di molti e ha fatto apprezzare la pratica della cultura, intesa in ogni sua forma, come momento di condivisione, apertura, crescita personale e sociale, progresso e memoria. Molti, soprattutto giovani, hanno scelto di coltivare le proprie attitudini artistiche, attraverso attività anche artigianali, moltissimi cercano e chiedono con forza incontri ristretti, dove poter apprezzare e trovare forme d’arte. L’apprezzamento per le produzioni originali e personalizzate è riconosciuto in molti studi di mercato. Spazio 44 può diventare un punto di riferimento per quanto riguarda gli incontri e le mostre, ma anche per la vendita di creazioni artistiche originali. Anche il settore dei beni culturali è investito dalla Digital Transformation: le tecnologie digitali stanno modificando l’esperienza di visita e abilitano nuovi attrattori nei musei e nelle gallerie, mentre la rete e i social media sono già il principale canale di accesso informativo al patrimonio culturale. L’evoluzione verso i media immersivi – realtà virtuale e aumentata – sta ulteriormente accelerando la Digital Transformation dell’;arte, abilitando modalità di fruizione innovative, iniziative di nuova concezione come le mostre virtuali senza opere fisiche, esperienze altamente coinvolgenti per il pubblico. In questo contesto l’apertura di Spazio 44, la prima galleria multimediale a Torino, rappresenta un punto di riferimento nell’offerta artistica italiana, in linea con la tendenza innovativa nel settore delle esposizioni avviata con Expo 2015. Non si tratta solo di trovare soluzioni tecnologiche o sviluppare iniziative isolate: è fondamentale elaborare strategie integrate di approccio alla cultura digitale. Del progetto complessivo una parte importante sarà dedicata all’impatto sociale, che viene comunemente definito come l’insieme di conseguenze sulle persone e sulle comunità che risulta da un’azione, un’attività, un progetto, un programma o una politica pubblica. Spazio 44 promuoverà anche una serie di eventi no-profit che coinvolgerà artisti della galleria, a favore di politiche di sostenibilità ambientale e sociale. Numerosi saranno i progetti a sfondo sociale proposti dalla galleria che ha l’obiettivo di proporre progetti sostenibili a favore dell’ambiente e di un impatto positivo sulla società. Tutto ciò permetterà non solo un cambiamento del mercato artistico ma anche una condivisione delle conoscenze con il mondo dell’arte e dell’opinione pubblica. Parlando di impatto sociale ci si riferisce a quei cambiamenti positivi che le gallerie possono causare al di là della loro attività principale. Ad esempio, una galleria che fa esporre artisti diversamente abili o provenienti da fasce svantaggiate, non solo vende le loro opere generando un ricavo, ma permette a soggetti spesso esclusi di ricevere un introito e di acquisire maggior indipendenza. Per Spazio 44, la dimensione sociale rappresenta sia una premessa sia un ingrediente, per riuscire ad inserirsi e costruire legami sul territorio. Questo tanto più vero, quanto più si tratti di territori marginali e di piccole comunità. Adottare una logica di impatto sociale è la premessa che ci permetterà di essere ben accolti sul territorio. Questa predisposizione positiva è inoltre un ingrediente chiave, che può favorire tra gli attori locali la messa in rete di idee, risorse e innovazione continua. Per grandi e piccini, inoltre, Spazio 44 intende realizzare incontri di Arte Terapia. Siamo tutti alla ricerca di un modo per comunicare con i nostri simili e proviamo altrettanto spesso la fatica di trovare un modo adeguato per rendere chiari dentro di noi emozioni, stati d’animo, desideri, disaccordi, sintonie, pensieri. Sì chiari anche dentro di noi: si pensi a quei dialoghi che intratteniamo nel mondo interiore, siamo tanti dentro. Ma anche a stati di cui veramente sappiamo poco e che non trovano parole, momenti in cui cerchiamo le parole giuste, le metafore, le immagini che ci aiutino. Stiamo cercando qualcosa, qualcuno che possa mediare lo stato d’animo, accompagnarci nella ricerca… L’arte è la mediazione: il fare arte, il contatto con i materiali, il gesto, le forme esprimono ciò che il corpo sa prima che qualcosa diventi chiaro per l’io e l’oggetto artistico è lì per testimoniarci e dialogare con noi stessi e con l’altro. Il fare creativo facilita la comunicazione e la relazione attraverso un linguaggio diverso dalle parole: immaginifico, poetico, artistico. Un linguaggio che nutre, attraverso i doni dell’esperienza, dell’empatia estetica chi fa e chi fruisce. Quando incontriamo l’opera d’arte entriamo in un’oscillazione tra appartenere e essere altro: l’oggetto ci raggiunge, ci tocca e muove, ci incanta, rattrista, riempie di gioia, trasforma. Ci contiene e viene contenuto. Ci interroga e viene interrogato. Ci sembra creato per noi soli. Diviene, grazie allo sforzo di chi l’ha creato, modello simbolico per qualcosa che attendeva silenzioso in noi di essere svegliato. Un’opera d’arte ci tocca perché risveglia ciò che il corpo sa prima della mente, raggiungendo una parte di noi venuta ad essere quando la relazione era pura sintonia. Non verbale non corrisponde ad assenza di significato ma alla presenza di un senso incarnato che è ancora in noi profondo e in attesa di essere riconosciuto. Un senso di sé, un luogo che si costruisce quando le parole non ci sono ancora e coincidono con la sensazione di emergere alla vita. Solo la poesia, l’arte, la musica e la danza hanno un linguaggio che può avvicinarsi a questo “magazzino” che si rinnova e cresce con continuità, un magazzino che è la culla dell’arte e della comunicazione più profonda. Da questo luogo, dal momento in cui lo abitiamo creando, possiamo metterci in viaggio per trovare parole nuove, forse grezze ma anche le uniche possibili in un certo momento e lasciare spazio a pensieri diversi, da addomesticare: questo è per me Spazio 44, capite bene quanto conta per me!”

La vecchiaia – Peter Pan
La gelosia – Grimilde
La malattia – Raperonzolo
La pazzia – Alice
Il vizio – Il genio della lampada
La speranza – Biancaneve e i sette nani
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