A lezione con Dantebus – Joan Miró

“Il più Surrealista dei Surrealisti” è la definizione che André Breton, teorico del Surrealismo, diede di Joan Miró. 

Miró non iniziò subito la sua carriera artistica ma, sotto consiglio del padre, intraprese la carriera contabile finché, dopo un esaurimento nervoso, decise di abbandonare e iscriversi finalmente all’Accademia di Belle Arti.

L’artista intraprese amicizie con i più importanti intellettuali dell’epoca come il francese Jacques Prévert che lo definì “un innocente col sorriso sulle labbra che passeggia nel giardino dei suoi sogni” e Pablo Picasso, suo grande mentore, al quale si presentò offrendogli una Ensaïmada, tipica torta catalana.

A differenza della maggior parte degli artisti di ogni epoca che portarono avanti l’amore libero, Joan Miró ebbe un solo ed unico grande amore: sua moglie Pilar. 

La sua pittura è sempre stata associata al Surrealismo, movimento di cui fece parte ufficialmente fino al 1929 anno in cui decise di lasciarlo formalmente pur rimanendovi legato da un punto di vista artistico. La sua arte venne fortemente influenzata dal regime franchista, assumendo le forme di un realismo cupo ed inquietante.

La concezione artistica di Miró può essere descritta con le sue stesse parole: “Più del quadro in sé conta quel che esso emana e diffonde. Se viene distrutto non importa. L’arte può anche morire, ma quel che conta è che abbia sparso semi sulla terra.”

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