Conoscete la poesia crepuscolare e i suoi esponenti?
Il termine crepuscolare venne utilizzato per la prima volta da Giuseppe Antonio Borgese e cominciò ad essere usato per indicare un gruppo di poeti che rifiutavano la poesia eroica e sublime donando invece alle loro poesie una spiccata vena di malinconia.
Perché proprio “crepuscolare”? Dopo il mattino (Dante, Petrarca, Boccaccio), il mezzodì (Boiardo, Ariosto, Tasso), il primo meriggio (Goldoni, Parini, Alfieri) e il vespro (Foscolo, Manzoni, Leopardi) si collocano gli esponenti della poesia crepuscolare.
Il miglior mezzo per conoscere i temi prediletti da questi poeti è indubbiamente un estratto di una lettera mandata da Corrado Govoni ad un suo amico: «Ho sempre amato le cose tristi, la musica girovaga, i canti d’amore cantati dai vecchi nelle osterie, le preghiere delle suore, i mendichi pittorescamente stracciati e malati, i convalescenti, gli autunni melanconici pieni di addii, le primavere nei collegi quasi timorose, le campane magnetiche, le chiese dove piangono indifferentemente i ceri, le rose che si sfogliano sugli altarini nei canti delle vie deserte in cui cresce l’erba; tutte le cose tristi della religione, le cose tristi dell’amore, le cose tristi del lavoro, le cose tristi delle miserie.»
Guido Gozzano è un’altra voce della poesia crepuscolare: il suo mondo è quello delle piccole cose e della vita di provincia. Nasce da questo contesto l’opera “La Signorina Felicita” che racconta dell’amore mancato tra il poeta e Felicita, ragazza di campagna né bella né colta ma che attrae il poeta proprio per la sua semplicità.
Preferite i poeti crepuscolari o i poeti scapigliati di cui già vi avevamo parlato?