IL CANTASTORIE DELL’AMORE
L’opera poetica di Marco Lanternino è essenzialmente una ARS D’AMORE. Marco stesso si autodefinisce splendidamente, in una delle poesie programmatiche -IL CANTASTORIE DELL’AMORE- : “Scopro di essere un sognatore./Trattengo le emozioni, come un pittore le faccio scivolare…/ogni lettera si trasforma in frasi d’amore, vibrano nel cuore,/per poi apparire incantate in un foglio bianco…come inchiostro//bastano le lacrime che, zampillano tranquille…non ho maschere…/come un cantastorie provo a descrivere l’amore, dando un senso logico/a questa tempesta infinita che ho dentro, pronta sempre a riaccendersi/ogni sera, prima di coricarmi, donandomi quel brivido incantato, rintanandosi/qui…nella mia testa e, mi affanno a cercare un porto più sicuro, in balia del/mio istinto che, può farmi cadere o volare…ma lo capisco presto dove mi vuole /portare…questo è il prezzo da pagare per chi, come me, sceglie di essere un cantastorie/dell’amore” (“IL CANTASTORIE DELL’AMORE”). Questo ruolo ha una responsabilità e un prezzo da pagare. Mostrarsi senza maschere, essere completamente “nudo” di fronte al lettore e al mondo. Apertamente vulnerabile, senza barriere e scudi, senza armi, con unica spada la poesia. E allora la prima dichiarazione, il primo punto fondamentale è la SENSIBILITÀ. Le persone sensibili vengono facilmente ferite e lacerate, ma non per demerito loro. La colpa è di chi ha il cuore di pietra e non pensa a ciò che dice e che fa. Essere sensibili dovrebbe essere un pregio e invece nell’era contemporanea è una condanna. Sarebbe più facile essere egoisti, fregarsene di tutto e lasciarsi scivolare ogni cosa addosso. E invece no! Marco è sensibile: “La sensibilità non è donna, la sensibilità è umana. Quando la trovi in un uomo diventa poesia” (Alda Merini). Il poeta, Cantastorie dell’Amore, tutto sente, tutto spera, tutto ama, tutto piange, tutto sogna, tutto sorride, tutto prova, tutto sopporta, come la CARITAS dell’INNO ALL’AMORE di San Paolo: “Le persone sensibili riescono a chiamare amica la solitudine, a/contemplare il sole, trovare appropriati incanti per incantarsi dai suoi/raggi paragonandoli a braccia che ti sanno abbracciare, stringere…e sentire da/dentro la forza dell’amore come una metamorfosi…una danza dedicata/all’amore per te, cantastorie di parole…illusionista sensibile/che crede ancora di volare tra le nuvole e, troppo spesso si ritrova a terra/con le ginocchia sbucciate, e da ferite e lividi che la vita ogni volta gli pone/davanti a sé…” (“Poesia perché”). Il poeta allora attinge dalla realtà presente e dal passato, dalla memoria. Attivandola, Marco vede anche gli orrori: la guerra, gli stermini di massa, il razzismo, i campi di concentramento. La memoria è una memoria di sangue ma essa è comunque vita, rispetto all’oblio e al nulla: “In un angolo del campo di concentramento, a un passo da dove si innalzavano gli infami forni crematori, nella ruvida superficie di una pietra, qualcuno, chi? Aveva inciso con l’aiuto di un coltello forse, o di un chiodo, la più drammatica delle proteste: – Io sono stato qui e nessuno racconterà la mia storia- ” (Luis Sepulveda). Il CantaSTORIE, allora, decide di divenire CantaSTORIA! È un dovere, una missione. Ricordare è rivivere e soffrire, ma anche guarire le ferite e fare sì che i versi restino da monito, perché l’orrore non si ripeta. Il poeta si stringe all’Amore per affrontare questi dolorosi sentieri e renderli in poesia. Pur non nominandolo apertamente, il ricordo dello Shoah è straziante: “Stringimi…stringimi amore, balla senza fermarti, grida!/Intorno a noi scorrono le lacrime, coprendo i nostri visi/Increduli, con lo sguardo incantato fisso al cielo, urlanti…l’orrore di immagini che,/scorrono come lame e non si fermano mai! Stringimi/la mano amore e poi parliamo…non capisco chi sono,/e ho paura di addormentarmi, incubi…lividi, mentre quel/fiume rosso mi invade la mente!/Stringimi la mano amore, aiutami a/ricordare tutti quei nomi che porto qui, nel cuore,/corpi ammassati, inerti, in buche enormi…/anonime…intrise di fango e di sporcizia /del nero della nostra coscienza. Abbracciami amore,/raccogli il mio pianto, dammi la forza di guardarmi allo /specchio! Vorrei strapparmi questo numero,/vorrei cancellare la sofferenza, e…/smettere di correre nella notte!” (“Stringimi forte amore”). Il grido di dolore tocca il suo picco: “Piango e rido oltre il mio bisogno, nascosto dalle paure/rivivo il tormento, dimmi dove andare, in quale direzione!/Mentre il silenzio scuote le mie emozioni, sobbalzo da porte/che si chiudono e non voglio scappare dalle vostre vergogne!Dio avvolgimi nelle tue grandi braccia, nel tuo grembo…/trovi Cristo crocifisso un’altra volta!/Dio, cammina con me, io vado incontro alla morte per rinascere con te!” (“Per rinascere con te”). E alla fine l’anima guarisce, il fiume di sangue grazie alla poesia diviene nella un torrente d’acqua chiara, viva e fresca. Questo perché le stesse persone ricordate, nei versi invitano a scappare, a correre via verso l’Infinito, verso l’Essenza, lontano dai vecchi incubi. Il loro sacrificio è il martirio ci ha salvato: “Grida forte oltre le paure, vincerai la morte,/scivola dolore, ricopri la pelle, corri senza mai voltarti/indietro per non vedere. Soldato fermati…aspetta…prova/ad ascoltare, scendono le lacrime inaridendo il cuore,/sporcando l’anima con lividi senza fine…girano il capo/distintamente per non vedere, con le mani sporche/da denari intrisi di sangue, speranza…in quale angolo/ti sei smarrita! Figliola ascoltami, lascia stare la mia/gonna e mettiti a correre, prova a ridere, dimentica/che sono tua madre…sii il vento di chi cerca/luce in una notte buia senza luna, mentre rimango/qui a piangere felice…salvarti è come ridarti la vita/un’altra volta e…questo mi basta!” – “Questo mi basta (1944 il giorno in cui il mondo per brevi attimi si fermò)” -. Il lettore che si avvicinerà a queste poesie, si sentirà abbracciato dall’Amore, il poeta ne ha intriso i versi. Tenendogli la mano, insieme possono affrontare il passato, inoltrarsi nel buio della storia. Come candele le opere dell’autore ci guideranno. Marco ci fa ricordare per vivere, ci fa amare per esistere ancora: “È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo” (“Anna Frank”).