Intervista d’Autore – Lucia Olivetto

L’intento era quello di dare espressione a emozioni suscitate da persone, ricordi, pensieri spesso ai margini sia delle descrizioni o attenzioni comuni, sia di un’esistenza pienamente vissuta, ma non per questo meno importanti.

Se rifletto sulla motivazione che mi ha portato all’idea di pubblicare in una raccolta alcuni dei miei testi, penso che questa sia nata dal desiderio di unificare in un insieme poesie che avevano un’affinità nei loro contenuti e nell’elaborazione finale; tale idea si esprime nella scelta del titolo “Pagine assenti”, di cui la copertina proposta ne rispecchia profondamente il significato.

Nei miei testi ritorna spesso il tema dell’assenza, e ciò lo noto a volte a posteriori, così come quello del non riuscire a “stare” completamente nella realtà. Probabilmente ciò è dovuto al fatto che nell’elaborare un testo quasi sempre parto, in modo quasi inevitabile, da una sensazione che avverto dentro di me, di qualcosa non del tutto risolto o capito; il punto di origine è quindi sempre un aspetto della realtà, legato a un’esperienza vissuta nella mia vita personale, sociale, lavorativa, non necessariamente autobiografica, ciò mi porta a tentare di tradurre in parole, in un’immagine scritta, una risonanza emotiva interna, quasi a volerla fissare in modo definitivo e risolverla. Nel far ciò non uso una terminologia particolare o ricercata, poiché l’intento è quello di riuscire a riprodurre quell’emozione.

Penso che la lettura di una poesia parta da presupposti e stati d’animo molto diversi rispetto a quella di una narrazione in prosa; per questa ragione non riesco a identificare un poeta o più poeti come fonte di ispirazione in ciò che scrivo. Probabilmente le poesie che leggo sedimentano dentro di me acquistando una vita propria, che modifica la mia capacità di sentire e interpretare la realtà.

Comunque, a livello di consapevolezza soggettiva, il poeta che preferisco è da sempre Ungaretti. Mi piace invece leggere opere di narrativa di vari autori, sia italiani, sia stranieri, avvicinandomi a volte a letterature che non conosco, come ultimamente sto facendo nel leggere opere di autori giapponesi. Forse leggo in modo un po’ caotico, spaziando qua e là. Difficile trovare pochi nomi che mi abbiano impressionato, perché sono davvero molti gli autori che apprezzo; se penso a dei nomi specifici, forse Josè Saramago e Kazuo Ishiguro, leggere diviene parte della mia storia emotiva ancor più che culturale e scrivere rappresenta per me un momento in cui riesco a esternare qualcosa che mi ha impressionata o colpita, che ha modificato la mia percezione di ciò che avviene. Ciò che scrivo è un tentativo di dare parole a questo.

Non sempre riesco a scrivere, non sempre ne ho voglia e non sempre ne sono capace, ma quando questo accade ho la sensazione di stare bene e di essere soddisfatta di me stessa; se ciò che scrivo viene colto, anche non con la stessa tonalità emotiva, mi sento molto gratificata e a volte un po’ sorpresa. Non so perché scrivo, ma immagino che continuerò a farlo; le poesie che ho inserito nella collana appartengono a momenti e stati d’animo diversi. Forse, di tutte, quelle a cui sono più legata sono le due intitolate “Dentro” e “Mio figlio “.

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