Intervista d’Autore – Ugo Chiesa

Da dove nasce l’intenzione di pubblicare una sua personale raccolta di testi?

Non avrei mai pensato di pubblicare i miei scritti, perché li giudicavo estemporanei e quindi non degni di nota. Ho pubblicato una mia poesia sul vostro concorso di facebook, e il vostro contatto immediato mi ha fatto riflettere…forse questa poteva essere l’occasione giusta.

Come ha scelto il titolo dell’opera e perché?

Il titolo racchiude i ricordi e la rima (e metrica) che ho spesso usato nei miei lavori.

Ritiene che l’immagine della copertina rispecchi il contenuto e l’intento del suo libro?

L’immagine di copertina, rappresentante un menestrello, rispecchia perfettamente il mio genere poetico: raccontare la mia vita usando metriche e versi più disparati e accompagnando il tutto con tecnica e ironia, cioè tra il serio e il faceto.

In che modo ha selezionato i testi da pubblicare? Sono testi scritti con l’intenzione di far parte di un’unica pubblicazione oppure li ha selezionati successivamente tra tutta la sua produzione letteraria?

Non ho dovuto selezionare nulla… ho semplicemente raccolto tutto quanto ho scritto tra i 20 e i 60 anni.

Qual è il messaggio che desidera lanciare ai lettori tramite il suo libro?

Quello che vorrei diffondere è il concetto che secondo me la poesia vera è quella che racchiude fantasia e tecnica, nella metrica e nelle rime, che non possono essere approssimative o appena accennate, bensì coerenti con certi dogmi che non possono far altro che impreziosirla.

Quali sono i suoi punti di riferimento letterari? Quali autori l’hanno più influenzata a livello stilistico e perché?

Ovvio a questo punto affermare che il sommo Dante è stato la mia ispirazione fin dal liceo… La sua Divina Commedia mi ha rapito totalmente, e non ho mai trovato altro che potesse raggiungere il suo livello tecnico.

Quanto e in che modo la sua vita privata, gli studi intrapresi e il suo lavoro influenzano la sua scrittura? Può farci un esempio citando uno dei testi in cui emerge questo aspetto?

Ritengo che essere bravi in matematica possa aiutare molto per la composizione delle metriche perfette. Tra la matematica e la letteratura dantesca direi che il liceo ha avuto una parte fondamentale, seguito dagli amori (appena sbocciati, vissuti, conclusi), dalla famiglia (in occasione dei regali di Natale), dal lavoro (dove mi venivano chiesti testi personalizzati per colleghi pensionandi o trasferendi)… Anche per questi ultimi ho sempre usato la stessa attenzione maniacale alla metrica e alle rime. Potrei citarne due: la prima opera scritta a 20 anni (la Tragicommedia) e quella dedicata ad un collega romano, scritta in romanesco (vogliate scusare le imprecisioni dialettali, ma sono nato e cresciuto a Milano).

Riesce ad immaginare la sua vita senza la scrittura?

Anche se non scrivo con assiduità, mi piace pensare che quelle poche cose fatte siano piaciute a qualcuno.

I termini che sceglie di utilizzare nelle sue poesie sono ricercati e studiati oppure sono frutto dell’ispirazione del momento?

L’ispirazione del momento mi consiglia i concetti da affrontare, poi penso a quale metrica usare, poi inizio a buttare giù le frasi, ricorrendo sempre ai sinonimi per far coincidere le rime. Certi lavori (soprattutto quelli che si ispirano alla poesia dantesca) necessitano di termini antichi o maccheronici, per avvicinarli di più all’atmosfera dell’epoca.

Quale tra le poesie della raccolta sente più cara o rispecchia maggiormente il suo sé poetico e perché?

Detto già del mio primo lavoro ufficiale, ne scelgo due scritte in momenti diversi, che riguardano lo scorrere della vita e certi patimenti amorosi: È lunga la strada e Il sogno (in versi liberi).

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