Interviste d’Artista – Maurizio Primo

In che modo ha selezionato la fotografia da esporre? Quale valore ha per lei e cosa desidera trasmettere agli spettatori attraverso questo scatto?

“Il soggetto umano probabilmente è il soggetto che attira di più l’attenzione perché inconsciamente si ha una curiosità innata verso il proprio simile. Cosa fa, se è ostile, se è amico, cosa pensa, cerchiamo magari di immedesimarci in esso. Nella foto scelta si può dire che ci sono due persone: quella vera e quella riflessa nello specchio quindi la curiosità inconscia è duplice. E poi la luce che si concentra su questi due visi speculari con il resto nella penombra costruisce un’atmosfera raccolta che mette in risalto l’azione che sta compiendo, il truccarsi il viso.”

Come realizza i suoi scatti? Sono frutto dell’ispirazione del momento oppure tende a ricercare situazioni e luoghi in cui poter realizzare lo scatto perfetto?

“Sicuramente sono frutto dell’ispirazione del momento, molto raramente costruisco/ricerco situazioni da fotografare. L’occhio allenato e l’esperienza mi permettono di capire qual è il punto di vista migliore a seconda del soggetto e della luce, poi magari faccio diversi scatti per poter scegliere il migliore. In questo la fotografia digitale ti aiuta moltissimo potendo vedere gli scatti appena fatti. Ecco, la foto che ho esposto è nata senza pensarci, sono passato ho visto mio figlio che si truccava e subito ho colto l’inquadratura, senza pensarci…e senza dire nulla al soggetto! Mi permetto di riportare quello che ha detto il grande fotografo Elliot Erwitt: Per me la fotografia è l’arte dell’osservazione. Si tratta di trovare qualcosa di interessante in un luogo ordinario. Ho scoperto che ha poco a che fare con le cose che vedi e tutto a che fare con il modo in cui le vedi.”

Quando si è avvicinato alla fotografia? Ha sempre scattato in digitale o anche in analogico? Nel corso degli anni ha seguito dei corsi per studiare nuove tecniche?

“Fin da ragazzo la fotografia mi ha attratto soprattutto come forma d’arte. A casa ho diverse raccolte di monografie di grandi fotografi che sfogliavo cercando di capire il loro punto di vista e come erano riusciti a realizzarlo. Il mio preferito era Ernst Haas e per gli italiani Franco Fontana. Iniziai con una Comet II di famiglia, poi passai alla Zenith russa reflex che mi permetteva di controllare meglio l’inquadratura. Il primo corso di fotografia è stato con la Scuola Radio Elettra di Torino per corrispondenza. Il vantaggio era che, oltre la parte teorica, forniva tutto il materiale per costruire una camera oscura. Mi dedicai completamente al bianco e nero perché da lì capisci come la luce “scrive” sulla pellicola che poi viene riprodotta su carta. Il mio secondo corso è stato all’Istituto Europeo di Design. La durata del corso era di due anni ma portai un book fotografico in bianco e nero che mi permise di passare direttamente al secondo anno. I miei insegnanti erano professionisti del mondo pubblicitario, uno di pratica fotografica e l’altro insegnava composizione ed estetica dell’immagine. Lavoravamo con il banco ottico con il grande
formato. Da qui cominciai a fotografare a colori usando pellicole diapositive, preferivo quelle con colori saturi. Per un periodo ho collaborato anche con la Panda Foto, agenzia fotografica del WWF. Avrei voluto fare il fotografo di professione, ma poi varie vicissitudini mi portarono a fare altro che però mi permisero di continuare le mie due passioni: viaggiare e fotografare. Dalla Zenith russa passai alla Cosina CT4, poi alla Minolta 9000. Ho un archivio di oltre 40.000 diapositive. Infine arrivò la rivoluzione del digitale. All’inizio ero molto scettico per i risultati che vedevo, ma l’evoluzione è stata così rapida che alla fine mi sono ricreduto e devo dire che non tornerei indietro. Cominciai con una Sony reflex ma ad obiettivo fisso, uno zoom 70-210. Infine la Nikon D7000, 2 corpi, due zoom 18-55 e l’altro 70-210 entrambi molto luminosi. Rarissimamente uso il flash. Per me la luce naturale è la migliore per questo gli obiettivi devono essere molto luminosi. Altri corsi non ne ho fatti, dopo che hai una base solida l’esperienza e fare prove su prove contano di più. Inoltre il confronto continuo con altri fotografi ti stimola a ricercare nuove soluzioni.”

Qual è il suo genere fotografico preferito? Still life, street photography, reportage, naturalistica,
ritrattistica…

“Non c’è un genere particolare che prediligo, qui torniamo a quello che ha detto Elliot Erwitt che ripeto: Per me la fotografia è l’arte dell’osservazione. Si tratta di trovare qualcosa di interessante in un luogo ordinario. Ho scoperto che ha poco a che fare con le cose che vedi e tutto a che fare con il modo in cui le vedi. Direi comunque che il reportage di viaggi è il genere su cui lavoro di più. Con i miei scatti cerco sempre di cogliere tutti gli aspetti della vita di un posto.”

È solito post produrre i suoi scatti oppure preferisce lasciarli fedeli all’originale?

“La post produzione, se fatta dallo stesso autore, fa parte dell’opera che produce quindi del suo ingegno. Le modifiche sono come lui vede l’opera. Si faceva post produzione anche con le pellicole in camera oscura: mascheramenti, solarizzazioni, filtraggi, doppie esposizioni… Direi che l’avvento del digitale e il miglioramento tecnologico dei mezzi di ripresa permettono di ottenere immagini di qualità superiore. Ma è sempre il fotografo che ha l’occhio e la sensibilità della composizione e della luce giusta. Altra cosa è l’intelligenza artificiale applicata alla produzione di immagini che per me trova spazio eventualmente solo nella fotografia di tipo commerciale dichiarandola come tale. Io faccio post produzione correggendo leggermente dei chiaroscuri, oppure rendendo i colori più saturi, o togliendo qualche imperfezione. Ma mai per alterare l’idea originale. Nella foto esposta ho schiarito leggermente il lato destro della persona vera per leggere meglio l’orecchio e la spalla destra.”

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