Anna Maria Veit dà voce agli “invisibili” – Piccole vittorie quotidiane

Ho pensato di pubblicare questi racconti perché volevo dare una possibilità ad alcuni dei miei personaggi di farsi conoscere, per questo ho scelto di affiancare racconti selezionati ai concorsi e poi pubblicati con altri, per esempio La bidella, che non erano stati scelti ma dei quali mi ero già innamorata. Perché succede così: tu immagini, crei dei personaggi, poi loro vanno dove li porta il vento. Metaforicamente era come dare una possibilità a chi non viene visto, a coloro che spesso vengono scavalcati. Ho sempre privilegiato gli “invisibili”, tutti quelli che sopravvivono ai margini della famiglia o della società. Mi piace quando vincono, perché spesso succede, basta avere occhi e orecchie aperti per ascoltare davvero e voler vedere il bello in tutto ciò che succede. Non ho avuto ispirazioni particolari, anche se Guareschi mi ha fatto molta compagnia negli anni della giovinezza: ho letto migliaia di libri, ma i suoi son quelli che son rimasti di più nel cuore per la genuinità. Guareschi mi ha aiutato tanto. Quando scrivo è come se stessi lavorando all’uncinetto: la vicenda si scrive da sola, come un ricamo ed io non faccio altro che muovere la penna (o le dita) come fossero dei ferri da calza. Vado dove va la storia, anche se cerco di parlare di aspetti storici realmente successi, dei quali magari si sente poco parlare. Se immagino la mia vita senza la scrittura? Anche sì, continuerei a raccontarmi e a raccontare storie, e a scrivere poesie per chi avesse voglia di scambiare con me racconti e poesie. Ogni persona è un cantastorie, ognuno ha qualcosa da raccontare: la fantasia secondo me è patrimonio dell’umanità, chissà quante storie si inventava Nelson Mandela e chissà quante se ne inventa Assange. Creare storie ci rende liberi; persino chi è bloccato in casa, per esempio per una malattia, può inventare una realtà magica. Kipling inventò Sandokan da casa sua, ed io ho conosciuto magnifici narratori in ospedale, dove il tempo si ferma. Certamente i miei studi, universitari e lavorativi hanno contribuito a tradurre ciò che provavo in parole. L’importanza della libertà personale, intesa in modo sostanziale, il diritto all’autodeterminazione del singolo, al di là dei limiti di nascita, culturali, fisici o ambientali, la possibilità di crescere e realizzarsi compiutamente durante tutto l’arco della vita, anche da vecchi o malati, sono pilastri sui quali appoggia la mia penna e soprattutto sui concetti di pace e armonia personali e universali.

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