Cosa l’ha avvicinata al mondo dell’arte pittorica e come si è mossa in tal senso?
“La premessa è doverosa, parto un po’ avvantaggiata nel senso che sono una musicista compositrice, direi una cantautrice. Sono anche una ricercatrice spirituale, un’amante della natura, e del creato. Stavo vivendo alcune esperienze abbastanza dolorose e in accordo con il mio psicoterapeuta, avevo bisogno di esprimere immagini. Scrivere canzoni è una dimensione introspettiva, avevo bisogno invece di esprimere visioni. Mi sono messa a dipingere, e man mano affioravano immagini, man mano cercavo di darne forma dipingendo. Una forma che non rispecchiava ciò che immaginavo. Dovevo entrare in relazione con tali forme, mi chiamavano a una relazione. I dipinti avevano una loro struttura autonoma, con cui collaboravo. Potrei dire che fosse una relazione d’amore, con tutti gli alti e bassi, le incomprensioni, ma anche momenti magici, vivaci, allegri, spensierati e di gioia pura. Ora c’è più sintonia tra ciò che immagino e ciò che emerge dal dipinto. Direi che rimane un bellissimo rapporto d’amore, non più “adolescenziale” come all’inizio, ma maturo.”
Nella sua biografia scrive: “Può capitare che anche altri materiali diventino “soggetti” che nell’interazione si trasformano. In questo caso ho sperimentato la scultura con materiali di recupero, con risultati interessanti e originali”. Può dirci qualcosa in più a riguardo?
“Camminando lungo le spiagge, in montagna, o sui greti dei fiumi, a volte anche andando in discarica, trovo materiali che “mi chiamano”! Allora assecondo la chiamata e li accolgo con me. Pian piano diventano oggetti che possono rappresentare volti, lampade, angeli, case, abbracci, etc… riutilizzo oggetti, rami, pietre, pezzi di vecchi pavimenti, vetri rotti, per creare forme. Ma anche in questo caso, rispondo a qualcuno che mi chiama: l’energia dell’oggetto, la mia anima, e qualcuno di molto più elevato.”
I titoli delle sue opere sono pregni di significato, quando nascono? Prima, dopo o durante la produzione?
“I titolo arrivano sempre dopo, come la condivisione di un appuntamento tra due amanti. Sempre dopo aver cercato, incontrato, riformulato, ciò che alla fine diventa. Il titolo è la conclusione di un processo
dinamico, vivo, a cui entrambe (l’opera e io) diciamo ok.”
Come nascono le sue opere? Sono il risultato di un processo creativo metodico e costante oppure istintivo?
“Come dicevo all’inizio, nascono da un richiamo, un processo che è istintivo, dinamico, relazionale, dove uno + uno non fa due, ma venti, cinquanta, mille, o meno venti.”