Intervista d’Autore – Fanny Ercolanoni

Da dove nasce l’intenzione di pubblicare una sua personale raccolta di testi? Dopo aver pubblicato alcune poesie con Dantebus insieme ad altri autori, avevo l’intima esigenza di riunire frammenti di me in un personale puzzle: una sorta di specchio che mi permettesse di cogliere soprattutto alcune dissonanze che, spesso, ancora mi inquietano e dargli la giusta accordatura.

Come ha scelto il titolo dell’opera e perché? Sono sempre stata affascinata dal tema del tempo che, convenzionalmente, viene concepito in capitoli: passato, presente futuro. Ma dove finisce il passato, e inizia il presente? E quando inizia il futuro? Io considero il tempo come un unicum perché la memoria altro non è che ricordo attualizzato e il futuro è immaginazione nel qui ed ora di qualcosa che già conosciamo proiettato in avanti. È il mio modo per considerare la persona nella sua interezza senza quelle cesure che a volte creano la tristezza del “sono stato” o delusioni per aspettative non realizzate: io sono stata, sono e sarò nello stesso instante.

Ritiene che l’immagine della copertina rispecchi il contenuto e l’intento del suo libro? La spirali di colore che avvolgono e attraversano la clessidra evocano un flusso del quale non si afferra l’origine, il traguardo e il ritmo. Sono la rappresentazione della cromaticità del tempo; come dice una mia poesia: “Ogni tempo della vita ha un colore” e l’arcobaleno ne è la sintesi.

In che modo ha selezionato i testi da pubblicare? Sono testi scritti con l’intenzione di far parte di un’unica pubblicazione oppure li ha selezioni successivamente tra tutta la sua produzione letteraria? Alcuni testi sono stati scelti tra le poesie pubblicate in precedenza con Dantebus mentre circa 50 sono stati scritti appositamente per la monografia; è stato stimolante riprendere le poesie di un anno fa e confrontarle con quelle nuove perché ho notato una evoluzione tematica una volta più intimistica ora anche descrittiva del reale.

Qual è il messaggio che desidera lanciare ai lettori tramite il suo libro? Sapersi sorprendersi anche del banale, del conosciuto e del già visto rileggendo la propria storia sempre con occhi nuovi e con un pizzico di autoironia. Non siamo vittime di qualcosa o di qualcuno ma solo di noi stessi e sapersi a volte prendere un po’ in giro aiuta a non rassegnarci.

Quali sono i suoi punti di riferimento letterari? Quali autori l’hanno più influenzata a livello stilistico e perché? Amo molto Leopardi nel quale intravedo, in controtendenza, una sorta di furbo sorriso nel vedere come, nella letteratura, è solo il poeta del pessimismo cosmico: per me Leopardi è anche quello della ginestra che sfida eroica il Vesuvio. La maggior influenza è quella della corrente ermetica soprattutto nella scelta di non titolare i testi lasciando al lettore la libertà di dare quello che meglio compendia il suo sentire.

Quanto e in che modo la sua vita privata, gli studi intrapresi e il suo lavoro influenzano la sua scrittura? Può farci un esempio citando uno dei testi in cui emerge questo aspetto? “Ricamano la mia vita” è un ritratto fedele di tutte le volte che ho cambiato pelle, lavoro, progetti; fino a che non l’ho scritta mi sentivo una moderna Penelope che raccoglieva meno di quanto seminava oppure, dopo la fatica della semina, non ne godeva i frutti di cui si cibava qualcun altro. Ora invece in quella poesia vedo che i mutamenti non sono altro che passaggi, a volte dolorosi, dove non perdi parti di te ma ricalibri il tuo centro: le fiamme sfumano, non la passione.

I termini che sceglie di utilizzare nelle sue poesie sono ricercati e studiati oppure
sono frutto dell’ispirazione del momento?
In genere scrivo di getto tutta la poesia; sia apre all’improvviso qualcosa dentro di me e vedo il testo intero. Successivamente lo riguardo e apporto delle modifiche attinenti alla scelta migliore di qualche parola e non da un punto di vista lessicale, ma proprio di pregnanza del sentimento che voglio esprimere.

Quale tra le poesie della raccolta sente più cara o rispecchia maggiormente il suo
sé poetico e perché?
Di certo Tempo al Tempo testo diventato anche una canzone, da me interpretata,
che ha partecipato alla finale del Tour Music Fest, categoria contautori, nello scorso dicembre a San Marino dopo una selezione di 5.000 iscritti. È stato considerato un testo raffinato ed elegante unitamente alla scelta della melodia. È un tango che scandisce i non detti, le incomprensioni e i giorni che scorrono
lenti e dilatati, ovvero la rappresentazione di ciò che può mortificare le relazioni e il contatto intimo. È un testo che mi sollecita ogni giorno ad affrontare la mia più grande paura: quella di non saper dire o peggio di non aver più nulla da dire.

Riesce ad immaginare la sua vita senza la scrittura?
Scrivere per me è dar vita alla vita, è inneggiarla e celebrarla… Quindi direi proprio di no.

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