Interviste d’Autore – Noemi Carlone

Come si è avvicinata alla scrittura e, in particolare, alla poesia? Quale funzione le attribuisce e perché?

“Il mio primo contatto effettivo con la poesia è stato il quarto anno delle scuole superiori. Non ricordo bene le circostanze, ma ricordo di essermi imbattuta in un gruppo su un famoso social network dedicato all’arte poetica. Inizialmente leggevo solo, successivamente ho iniziato a smettere di vedere solo la forma e a sentire cosa poteva celarsi dietro a quelle parole. Così un giorno in cui ero particolarmente ispirata, tipo quando ti senti quella specie di peso su petto che non sai come descrivere, scrissi “Una lacrima nel Mare” . La lessero solo le mie due migliori amiche, perché la sentivo privata, intima. Successivamente provai a scriverle come si dice “a comando” ma venivano solo delle frasi, con una struttura abbastanza decente, che sentivo vuote. Cominciai ad usare la poesia quasi come uno strumento personale, quando ne sentivo il bisogno, mi ritiravo in un ambiente silenzioso e/o appartato e buttavo fuori ciò che mi tormentava, anche solo dare un nome o una definizione ai miei pensieri. Anche solo provando a visualizzare delle immagini che potessero racchiudere tali sensazioni. Ora come ora la scrittura per me è la forma di espressione più forte che possiedo. In quelle parole c’è anche quel pezzetto della mia anima che era irrequieto nel momento in cui sono state scritte. Sono anche un ottimo strumento per cercare di capire se stessi: le parole nate dai tuoi pensieri scorrono sulla carta più veloci dell’intervento della ragione, così riesci a leggere te stesso senza avere nessun filtro in mezzo.”

Similitudini, descrizioni, atmosfere… la natura ha un ruolo importante nella sua poetica. In che modo le ambientazioni naturali influenzano la sua arte e perché le sono così d’ispirazione?

“Spesso il luogo isolato in cui trovavo rifugio era un ambiente naturale, per quanto mondano potesse essere mettersi in un angolo sotto un albero in un giardino pubblico, riuscivo a sentirmi avvolta da un ambiente diverso, per separare in modo netto la vita quotidiana da quel momento di quiete. Poi la natura è in grado di mostrare in qualsiasi momento tutte le sue sfaccettature, dipende solamente dal punto di vista. Questa è una cosa che mi piace molto fare, leggere le stesse cose da diversi punti di vista. Da un albero si può osservare la resistenza del fusto e dei rami alle intemperie, la chioma che crea l’ombra sotto la quale ci si sta riposando, anche i piccoli insetti che si cibano dei loro simili sulla corteccia pur di sopravvivere un altro giorno. Per questo spesso sfrutto un ambiente con un punto di vista ben preciso per cercare di convogliare ciò che provo. Perché così come le mille facce della natura sono a disposizione di tutti, sono condivise anche le afflizioni umane e così anche l’arte, nelle sue molteplici forme. Sto diventando un po’ troppo filosofica ma concludo dicendo che per me la natura, essendo neutrale nella sua essenza, permette all’individuo di perdersi per poi ritrovarsi come uno spirito nuovo, conscio del percorso da cui arriva.”

Le sue poesie in alcuni casi sono molto brevi… possono bastare per lei pochi versi per esprimere concetti profondi? Come si fa a poter riuscire in questa impresa?

“La differenza tra la parola quasi giusta e quella corretta è la stessa che c’è tra una lucciola ed un fulmine. Non ricordo chi lo disse, né dove lo lessi, ma sono più che convinta che abbia ragione. Spesso, per quanto le parole siano potenti, non riescono a districare in modo univoco il turbine di emozioni che ci compone.
Quindi mi limito a definire ciò che sento con i termini o le figure retoriche più appropriate a rappresentare tali pensieri. Spesso tra un verso e l’altro scrivo delle frasi tra parentesi quadre, indirizzate a me, delle domande per chiedermi dove sta andando a parare il ragionamento, e così vengono fuori i concetti chiave, espressi con le sole parole necessarie a darci un senso. Poi ognuno di noi, a seconda di cosa sta vivendo può attraversare diverse domande personali, lasciate implicite, prima di giungere al messaggio racchiuso in pochi versi o nel titolo. Come riuscire nell’impresa? Non esiste una formula matematica esatta, ma per me la chiave è farsi tante domande, mettersi costantemente in dubbio su tutto ciò che è già, o non è ancora, stato scritto. Più domande ci si pone e più parole si ammassano una sull’altra per tentare di assemblare una risposta. Il fulmine tra le lucciole sarà più che riconoscibile.”

Nella poesia “Scelte” scrive: Essere/significa/nel presente/Ricordarsi di vivere. In che modo lei si “ricorda di vivere”?

“Come faccio a ricordarmi di vivere? Soprattutto, l’accento va posto sul presente. La mente spesso si perde in se stessa o nei ripianti del passato o nelle ansie del futuro. Serve ricordarsi che l’unico tempo che esiste in quanto tale, è il presente. E il presente ha una durata infinitesima. È l’attitudine nei confronti di queto presente che per me significa ricordarmi di vivere. Nel senso che cerco sempre di essere me stessa, ovunque mi trovi. Spingo lontano il pensiero di normale e mi limito a esprimermi nel modo più spontaneo possibile, purché non faccia male a nessuno. Spesso, crescendo ci si costringe a restare all’interno di metaforiche scatolette: non è normale, non va bene, non è professionale ecc. Ma questa è solo una forma di autolimitazione. Non siamo costretti a tenerci al guinzaglio da soli. Siamo Umani, finché abbiamo un’identità, siamo liberi. Il ricordarsi di vivere è l’impegno quotidiano di cercare la propria identità, evitando il più possibile definizioni rigide. Per esempio io sono Noemi. Ma allora sono la definizione di Noemi? Sono il nome Noemi? Sono un eco dell’impressione che ho lasciato su qualcun altro? Sono un ricordo di una Noemi diversa? Conosciuta solo a metà? Io sono me, cosi come ognuno è se stesso. Senza definizione, solo vita. Se hai voglia di sdraiarti sull’erba, fallo non è stupido. Hai visto un bel fiore in un prato? torna indietro per osservarlo meglio, non sentirti strano nel fare qualcosa di tuo. È in queste piccole cose che l’individuo si definisce nel presente.”

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