Intervista d’Autore – Daniela D’Aloia

Il suo volume si intitola “Ritratti di_versi”. Com’è nata la scelta di questo titolo e in che modo è rappresentativo della sua silloge?

“Mi è sempre piaciuto giocare con le parole. La scelta del titolo è avvenuta in maniera casuale. Partendo da alcune poesie mi sono immaginata al centro di un palco e la prima immagine che mi è apparsa è stata quella del sipario. “Sipario di versi” non stonava ma poi, andando avanti nella lettura, mi sono accorta che ogni poesia, non tutte, aspirano ad essere delle foto, ritratti, appunto, diversi ma che mi rappresentano nelle numerose sfaccettature del mio sentire, così il gioco è stato sulla parola “diversi” perché si tratta di diversi ritratti, ma espressi in versi. Spero di non aver complicato le idee. La poesia “Siamo così”, ad esempio, già rappresenta un ritratto di pregi e difetti che fanno parte dell’essere umano. “Così è la vita” è uno scatto un po’ comico della mia esperienza terrena. Spesso tendo all’ironia. “Quadro d’autore”, “Melodie proibite” e “Bambina in the dark” sono l’intenzione di dipingere proprio una tela, usando parole al posto di colori e pennello. Ce ne sono altre ma non vorrei interferire con la lettura.”

Quali sono i suoi punti di riferimento letterari? Quali autori l’hanno più influenzata a livello stilistico e perché?

“Influenzata non direi. Se è successo ne sono del tutto inconsapevole. Ho cominciato a scrivere circa cinque anni fa. Forse mi sono trovata nel posto giusto al momento giusto, sebbene la mia prima poesia risalga a quando avevo sette anni. Era dedicata a mia nonna. I miei primi racconti, ad undici anni, erano dedicati a mia sorella che cominciava appena a leggere a quei tempi. Parlare di stile, per quei primi approcci, è fuori luogo. La scrittura arrivava come un gioco e come tale finiva. Non ho mai avuto dei punti di riferimento. Ricordo che al Liceo mi piaceva molto Giovanni Verga ma, in quegli anni, non pensavo già più né alla prosa, né alla poesia. Leggo molto, tutto quello che mi capita, Internet è una fucina di materiale, sono molto curiosa ma non ho mai seguito un modello stilistico in particolare. Mi piace molto sperimentare. Quando ho iniziato a comporre versi lo facevo in rima, mi veniva molto bene. Poi ho attraversato un momento di lotta interiore ed ho cominciato intenzionalmente a rompere la gabbia di rime che mi ero costruita intorno. Dalla sicurezza, mi sono buttata nell’ignoto del verso libero, ma ho anche sperimentato con la meta-semantica e mi sono cimentata in diversi generi. Quello che mi piace molto è il genere erotico. Patrizia Valduga è la mia musa, ma credo, ormai, di avere un mio stile. Dico così perché, essendo iscritta in un sito letterario, mi è stato detto più volte che i miei versi sono riconoscibili. Patrizia Cavalli è un’altra poetessa che mi piace leggere e ultimamente ho scoperto Edgar Allan Poe. Sono molto incuriosita, inoltre, da alcuni poeti balcanici e russi.”

In che modo nascono le sue poesie? Sono frutto di momenti di vita reale e personale oppure le piace scrivere di sentimenti universali?

“Le mie poesie nascono dall’osservazione e da uno stato d’animo, principalmente. Sicuramente alla base c’è l’esperienza di vita. Considerando la mia età, direi di avere un bagaglio non indifferente sulle spalle. Ci sono poi i discorsi e i racconti che ascolto, l’osservazione, ripeto, è uno strumento straordinario. Qualcuno, se non erro, disse che il mondo è uno spettacolo e non si deve nemmeno pagare per assisterne. Contemplazione direi, che prevede l’uso di più di un senso, persino la vista viene usata in modo differente. Per quanto riguarda i sentimenti universali credo che in me si mescoli un po’ di tutto, l’amore, la rabbia, la perdita, la morte, io sono un gran contenitore. La Morte è un tema a me molto caro. Viene sempre trattato come un tabù quando dovrebbe essere così naturale, come il sesso. A volte penso che anche quest’ultimo sia un tabù. Nella mia raccolta ci sono alcune poesie che trattano della morte con rispetto e senza pregiudizio.”

Quale tra le poesie della raccolta sente più cara o rispecchia maggiormente il suo sé poetico e perché?

“Qui devo ripetermi. “A mia nonna”, le poesie sulla morte come “Loro gridano”, “Primo novembre”, “Chissà se nevica” e “Non è mai un addio”. La morte è senza ombra di dubbio un tema a me particolarmente caro. Sono in una fase spirituale molto particolare. Sto conducendo degli studi sull’anima, è quello che mi interessa di più in questo periodo. Quando cominciamo a conoscere il mondo attraverso l’anima, il senso delle cose muta. La stessa nostra esistenza, intesa come esperienza terrena, muta. L’incontro con la nostra anima è una magia e potrei citare il grande Franco Battiato dicendo che perdersi in questo incantesimo è bellissimo. Ringrazio tutti voi per avermi dato la possibilità di farmi conoscere un po’.”

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