“Nel cuore smarrito della scuola” è una storia d’altri tempi, che descrive una società senza fronzoli, prima dell’avvento dei social. In che modo ritiene che i social media e la digitalizzazione stiano influendo sulla vita scolastica?
“Purtroppo o per fortuna in Italia è una storia d’altri tempi ma in altri paesi del mondo credo esistano ancora realtà come quella descritta: in Iran ad esempio mi hanno raccontato che i maestri all’inizio della loro carriera finiscono in paesi lontani e disagiati e così probabilmente avviene in gran parte dei paesi più poveri. Le differenze sono ineliminabili e la voglia di organizzare il territorio è sempre presente nell’uomo. In questo senso la storia è attualissima. Come i social influiscono ora è difficile dirlo ma mi pare che si tenda a subire un uso distorto dei social; Siccome durante la pandemia la loro diffusa disponibilità ha consentito di sostituire le normali lezioni con quelle on-line induce tutti a pensare che i social vadano utilizzati per fare questo ma credo sia davvero un uso solo di ripiego. Non può essere che i media si limitino a proporre on line le lezioni tradizionali. Vanno sfruttate tutte le loro potenzialità in primis quelle che mirano a socializzare la conoscenza.”
Rapporti interpersonali, sentimenti ed empatia… Quali grandi differenze riscontra a livello umano nell’approccio che hanno i nuovi insegnanti con gli alunni e viceversa? Quali consigli si sente di dare ai giovani maestri e professori di oggi?
“Io non penso che ci sia un nuovo approccio dei giovani insegnanti con gli alunni e nemmeno che gli alunni abbiano attese o preclusioni diverse da una volta. Non fanno che rispecchiare l’immagine che ne hanno i genitori. Trovo però che un malinteso senso della programmazione, induca, ma non solo ora, a snaturare un rapporto che essendo fra persone dovrebbe mettere in moto tramite i contenuti, sentimenti positivi o negativi, di simpatia o antipatia. L’unico da bandire è l’indifferenza perché è l’unico che provoca guai formativi.”
Un rimpianto mi è rimasto, quello di non essermi fatta avanti per conoscere di persona Mario Lodi. Nella dedica al suo libro leggiamo queste parole, rivolte al pedagogista, scrittore e insegnante italiano Mario Lodi. Quanto la sua figura ha influito nel suo approccio all’insegnamento?
“Mario Lodi con i suoi libri è stato fin dagli inizi della mia carriera un riferimento uno che mi induceva ad essere controcorrente. Però non lo ho mai considerato un modello da imitare, credo che non sarebbe piaciuto nemmeno a lui esserlo perché nella sua proposta didattica si esprimeva appieno la sua personalità, il suo bisogno di far costruire cittadinanza agli altri. Mi è capitato di rilanciare le sue proposte ma con pochissimo successo perché io diventavo credibile per i miei alunni e per me solo quando ero me stessa.”
Quali valori si auspica di dare attraverso “Nel cuore smarrito della scuola”? A chi consiglia di leggerlo?
“Credo che innanzitutto la scuola abbia bisogno di essere amata e accettata esattamente come i suoi protagonisti (alunni o insegnanti che siano) e che si debba desistere dalla tentazione di demolirla con la scusa che costa tanto o che il privato sia il meglio o che il suo valore formativo è troppo basso. Dobbiamo averne cura, I care, diceva don Milani, perché è un bene preziosissimo che non valorizziamo che in piccolissima parte perché ci fa paura prenderla in considerazione. La trattiamo come lo smemorato di Collegno, un luogo che preferiamo senza memoria ma che potrebbe esser investita anche di quel potere sull’informazione e di quell’autonomia che ne farebbero il cuore e la sentinella della nostra democrazia.”