Dantebus Recensioni – “Vorrei una scuola non-scuola”

Intervista all’autrice e professoressa Eva Polli, una vita dedicata all’insegnamento e alla ricerca di soluzioni per rivoluzionare il sistema scolastico. Una scuola più collettiva e meno individualista con uno sguardo alle attività pratiche.

Il suo libro Alé Skolè è un inno per salvare la scuola. Qual è il suo modello ideale di sistema scolastico?

“Il mio modello scolastico è una “scuola non scuola” nel senso che nella scuola si dovrebbe vivere, dovrebbe essere un luogo di vita quotidiana. Lo studio non dovrebbe essere la parte preponderante, qualcuno la chiamava “palestra di vita”, bisogna partire dalla concretezza, come ad esempio una redazione giornalistica o un set teatrale, un laboratorio di pittura. Si deve costruire qualcosa e attraverso la costruzione si dovrebbero poi incontrare le varie discipline giustificando così lo studio. Tutti dovrebbero aver qualcosa da dire in un progetto, non individualmente o in competizione con altri, senza dover dimostrare la mia intelligenza o il mio sapere.”

Nella premessa scrive: “Scoprire l’essenza della scuola è difficile”. Immagino che abbia comunque una sua definizione personale di questa essenza, può dirci quale?

“Io dico che l’essenza della scuola dovrebbe essere la possibilità di mettersi in gioco. Nessuno sa quale sia il suo scopo nella vita e così anche l’essenza della scuola è introvabile. Ad esempio mi spaventa l’aspetto religioso, la prospettiva di avere un al di là non mi fa sentire meglio, non mi tranquillizza.”

Come e quando è nata l’idea di questo libro? 

“L’idea di questo libro è nata nei primi giorni del lockdown anche se il personaggio Skolé è nato in altri libri. É nato insieme agli alunni a scuola, in vari giornalini scolastici c’erano varie scuole protagoniste che riuscivano a risolvere i loro problemi. All’inizio della pandemia l’agitazione mi era anche sembrata eccessiva, ero convinta che la sanità fosse attrezzata per dare una risposta preventiva, quando invece ho visto che non è andata così sono rimasta sconcertata. Penso che la curiosità sia una delle doti più importanti, io sono laureata in filosofia ma quando è scoppiato il Covid ho iniziato ad informarmi di scienza perché volevo capire, nel mio piccolo, di cosa si parlasse.”

Ad un anno dallo scoppio della pandemia da Coronavirus, cosa pensa della gestione del sistema scolastico?

“L’astio con cui si sono opposti alla ministra Azzolina non mi è piaciuto. Lei qualcosa ha fatto. Ho ascoltato con estrema attenzione le dichiarazioni del nuovo ministro. Credo che sia difficile davvero questo cambio all’interno della scuola italiana, ci sono tantissime resistenze anche da parte degli stessi insegnanti e perché la scuola italiana riflette lo specchio della politica: tutti discutono e tutti parlano ma nessuno si mette insieme per trovare una soluzione.”

Può descrivere in una parola cos’è per lei l’insegnamento?

“Io come insegnante ho provato a fare molte cose, in alcuni periodi sono anche riuscita a realizzarle. Nel periodo in cui è nato il giornalino che parlava di scuola ero in una realtà abbastanza limitata ma eravamo riusciti a ritagliare degli spazi comuni per mettere insieme tutti gli alunni per la realizzazione di questi giornalini. Dopo di che quando c’è stata l’istituzionalizzazione dei tre insegnanti alle scuole elementari è cambiato tutto: ogni insegnante rivendicava l’autonomia della sua didattica e il modello di insegnamento comune si è poi messo da parte. Il compito del professore è anche quello di entrare in sintonia con i propri alunni, capire quali sono i loro desideri cercando di valorizzarli nel migliore dei modi. Nell’ultimo libro che ho scritto propongo che si faccia tesoro delle proposte di Frame poi portate in Italia sul giornale e sulla tipografia a scuola che è secondo me una fucina di suggerimenti sul come operare a scuola che oggi è di estrema attualità: in un momento in cui i giornali chiudono e l’informazione è totalmente dipendente dalla proprietà privata credo che sia importante recuperare questo ruolo del giornale all’interno delle scuole.”

Lei è una poetessa, autrice della silloge poetica Crocevia d’Europa: perchè questa scelta di dedicare un’intera silloge all’Europa?

“Io sono una europeista convinta, nei miei viaggi ho sempre avuto grandi attenzioni nei confronti dell’Europa. La realtà europea è importante, è giusto che ogni singolo stato ceda la sua individualità per andare incontro ad un sistema ancora più grande. L’Europa è una necessità storica ed economica, si può far perno anche sulle scuole: si dovrebbe costruire l’Europa anche nelle scuole. Io sono trentina e qui esperienze di questo tipo sono in corso, dovrebbero essere estese a tutta Italia: ci sono scambi, gruppi, Erasmus. La scuola dovrebbe fare di più in questo senso.”

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