Osvaldo Verri – “Viaggiare è uno stato dell’anima”

Osvaldo Verri, autore del libro “Il viaggio, on the road da Milano all’Himalaya”, racconta le emozioni e le riflessioni del suo viaggio solitario in moto. Un’esperienza alla ricerca dei grandi interrogativi della vita tra indovini e nuove conoscenze.

Un viaggio in moto in solitaria a sessant’anni, da Milano all’Himalaya. Potrebbe riassumerlo in tre parole per dire cos’è stato per lei?

“In tre parole direi: rocambolesco, tormentato e liberatorio. Potrei usarne molte di più ma queste sono le più significative.”

La spinta per questo viaggio è stata la malattia di una sua cara amica. Pensa che lo avrebbe fatto lo stesso se le circostanze fossero state diverse?

“Sì, penso che lo avrei fatto comunque. Quella è stata la spinta per cercare di capire che significato avesse questa cosa. Io non riesco razionalmente a dare un senso ad una morte prematura. Lo avrei fatto lo stesso, magari con meno ardore di partire. Sono partito così, senza cartine, senza nulla e con la moto vecchia.”

Trovo molto interessante che la malattia o la morte abbiano ispirato questo viaggio che è soprattutto un inno alla vita oltre che alla riflessione. C’è stato un momento in cui ha pensato: “Vorrei che la mia amica fosse qui”?

“Sì, man mano che mi avvicinavo a posti dove eravamo stati insieme quel desiderio diventava più forte ma di fatto lo ho condiviso con lei perché i miei pensieri erano sempre rivolti a lei. Soprattutto perché in Oriente è molto forte questo culto della morte come rinascita, ci sono tanti spunti di riflessione filosofici o spirituali. Quando mi ci imbattevo, io ero con lei. Tutto il viaggio è una ricerca di vita, mi sono domandato molto il senso delle cose.”

Protagoniste costanti del libro sono le indovine. La conoscenza del futuro sembra interessarla e preoccuparla allo stesso tempo: perché tanto interesse verso l’ignoto?

“Il viaggio l’ho fatto alla ricerca del futuro. Ho chiesto e cercato di conoscerlo attraverso varie figure, per me è stato un po’ un gioco, non credo a quelle cose. Mi hanno risposto tutti in modo più o meno cialtrone a parte alcune che mi han fatto anche riflettere ma la mia domanda principale riguardava il futuro dei miei figli e del pianeta perchè son passato davanti a posti che mi hanno fatto capire che la nostra Terra non gode di grande salute: il lago d’Aral, il Mar Caspio che si ritira fino all’Himalaya dove anche i ghiacciai si stanno sciogliendo. La risposta di tutte queste persone è stata che loro avrebbero potuto darmi risposte sul mio futuro ma non su quello del pianeta perché dipende da noi e dai nostri comportamenti. L’ho trovato un bell’insegnamento.”

Le sarà capitato di rivivere con la mente le tappe di tutto il viaggio. Che emozioni o sensazioni le suscitano quei ricordi?

“Mi suscitano un grande orgoglio per aver capito il senso di molte cose, anche banalmente quello di fare qualcosa invece che aspettare a casa che arrivi una telefonata di lavoro. Ho capito che è l’unica cosa che mi dà un senso: sentire il vento sulla faccia e sentirmi libero e vivo. Ho incontrato molte persone durante il mio viaggio, anche loro viaggiatori solitari, tutte persone fantastiche. Si è instaurato un legame molto forte, ci scriviamo costantemente, sogniamo nuovi itinerari da fare in moto, posti dove incontrarci.”

Quando riparte?

“La voglia di futuro e di ripartire è tanta. Come per i cavalieri erranti di una volta, che erano alla ricerca di qualcosa: il senso è il viaggio stesso, non è arrivare in un posto perché non si arriva mai. Viaggiare è uno stato dell’anima, è quello che trovo interessante.”

Un’ultima domanda: ha più sentito Thomas?

“Sì, ci siamo sentiti. Abbiamo immaginato nuovi giri da fare, è magica la strada. Interagire con persone che stanno facendo quella stessa esperienza è qualcosa di speciale. Ci vuole molto coraggio all’inizio, partire e mollare tutto è difficile soprattutto in questi tempi tra i problemi e i pochi soldi. Avere solo il pensiero di vivere la strada e sentire solo il rumore della moto è molto edificante per l’anima.”

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