Il 13 gennaio 1941 muore James Joyce, grande scrittore irlandese e padre del flusso di coscienza grazie al suo romanzo più famoso: Ulisse. Un romanzo non di facile lettura, articolato in dodici capitoli. I personaggi stessi sono ripresi dall’Odissea anche se in chiave parodica.
Joyce visse una parte della sua vita a Trieste e strinse una forte amicizia con Italo Svevo: molti critici hanno messo in correlazione La coscienza di Zeno e l’Ulisse ma in realtà i due romanzi hanno tecniche narrative molto diverse.
Joyce aveva una personalità molto estrosa e pare che fosse sua abitudine scrivere sdraiato a pancia in giù vestito solo di un camice bianco: lo scrittore aveva problemi di vista e pare che questo fosse un espediente per non affaticare troppo gli occhi. Il camice bianco infatti avrebbe riflesso la luce una volta calato il buio.
Aveva anche delle fobie: da piccolo fu morso da un cane e da quel momento ne fu terrorizzato come anche dai temporali. Una zia infatti gli aveva detto che il temporale era il riflesso dell’ira di Dio e questa paura lo accompagnò per tutta la vita.
Un’ultima piccante curiosità: nelle lettere inviate a Nora Barnacle, sua amante, le chiedeva di… essere schiaffeggiato, picchiato e frustato!