L’ESSENZA DELLA DONNA, CORPO, ANIMA, CUORE E MENTE
L’energia di Frida Kahlo, la tribalità e il mistero dell’Isola di Pasqua, la multi-percezione spaziale e umana di Picasso sono le prime associazioni di idee che sorgono in mente, dallo sguardo iniziale dell’arte di Chira Ahmad. Un proprio stile, una forte timbrica unica. L’essenza della donna e del colore. Pittura calda, intensa, viva potente. Chira riesce a racchiudere l’energia caotica e primordiale del Big Bang nelle sue opere. Aprire il “vaso di Pandora” e cercare nuovamente di racchiuderlo in uno spazio finito. Un’arte che pianta il seme delle emozioni, negative e positive, nei corpi nudi femminili. Opere, dunque, dipinte direttamente con le mani: sculture, creazioni vive, partorite, “generate e non create” della “stessa sostanza di Chira”. L’idea che anima, corpo, cuore e mente sia un tutt’uno e allora anche l’anima può avere le stesse caratteristiche del corpo, prima fra tutte la passionalità. “Il tuo nudo corpo dovrebbe appartenere solo a chi amerà la tua nuda anima” (Charlie Chaplin). Un’anima passionale e un pensiero pulsante. Chira vuol dire “Luce”. Un’illuminazione nel mondo. La stessa luce che permette e rivela i colori. Il fuoco sacro dell’arte e delle emozioni viene lasciato libero di esprimersi. La creatività, come una puledra incatenata nella stalla, viene liberata dai suoi legacci e lasciata cavalcare selvaggiamente. Le donne di Chira sono un’immagine di tutto l’universo femminile: la nonna, la madre, la figlia, la sorella, l’amante, l’amata, la ferita, la nobilitata, la passionale, la sensibile, la delicata, la dolce, la sensuale…Corpi che si confondono e si intrecciano tra loro, perché in fondo solo chi è “donna” può capire cosa voglia dire esserlo. Una sensazione di vitalità pervade l’osservatore. Dipinti che respirano, pulsano, seducono, fanno riflettere, affascinano. “Nelle donne tutto è cuore, perfino la testa” (Jean Paul). Da Frida Kahlo attinge il saper trasformare “la sofferenza” in arte: “L’angoscia e il dolore. Il piacere e la morte non sono nient’altro che un processo per esistere” (Frida Kahlo). Da Rapa Nui (Isola di Pasqua) coglie primordialità e tribalità. Le donne di Chira, come i Moai, si ergono a nuove pietre di Stonehenge, evocando e chiudendo nel cerchio un’energia unica e antica, potente ed eterna ma anche misteriosa. C’è, infine, un’evidente traccia del cubismo picassiano, che permette a Chira di variare prospettiva sia geometricamente che interiormente. “Les Demoiselles d’Avignon” dell’artista spagnolo sono certamente presenti nella mente di Chira. Ed è qui che c’è il passaggio decisivo. Mentre Picasso prese spunto dalle Maschere Africane, viste al Trocadero per il suo dipinto, la pittrice Chira va oltre. Ha presente anche lei le Maschere Africane, ma nelle sue rappresentazioni convive il desiderio del corpo femminile e una sua estatica idealizzazione. Non sono maschere umanizzate cioè, ma al contrario sono femmine che rappresentano e incarnano fisicamente la loro storia. Se ci sono segni di maschera sul viso della donna, essi sono il residuo di quella imposizione mondana, a mo’ di catene e legacci, dalla quale si è liberata, grazie ai colori della pittrice. L’arte di Chira è come la scintilla che accende la miccia, la prima spinta che mette in moto il Big Bang, Creazione e Genesi. Una pittura che intesse una intensa relazione amorosa con l’osservatore: “Sento che siamo stati insieme fin dal nostro luogo di origine, che siamo della stessa materia, delle stesse onde, che portiamo dentro lo stesso istinto. Tu sei forte, il tuo genio e la tua umiltà prodigiose sono incomparabili e arricchisci la vita; dentro il tuo mondo straordinario, quello che ti offro è solo una verità in più che ricevi e che accarezzerà sempre la parte più profonda di te stesso. Grazie di riceverlo, grazie perché vivi, perché ieri mi hai lasciato toccare la tua luce più intima e perché con la tua voce e i tuoi occhi hai detto quello che aspettavo da tutta la mia vita” (Frida Kahlo).