LA SCARICA ELETTRICA DELLA POESIA CI RIPORTA IN VITA E SAREMO FINALMENTE NOI STESSI!
La poesia dell’autrice Stefania Casciaro è una forte scossa vitale! Essa è quell’energia che scaricata dal defibrillatore riporta in vita un morente: “Emozione che si libera da un defibrillatore” (“Estro Mood”). L’immagine ce la fornisce la stessa autrice nei versi della poesia programmatica, dove ci indica anche la via da seguire per capire la sua arte. Le parole sono come un impasto, una parte del mondo interiore di Stefania, di cui tuttavia esse rappresentano solo, la base, la parte esterna: “È solo un’idea, ma hai già iniziato a lavorarmi./Non importa quanti strumenti sai usare,/l’importante è che scegli quello giusto per preparare l’impasto/Io ho bisogno delle basi,/Ma mi piace se ci aggiungi anche il piccante./Posso leggerti le istruzioni, ma non so se riesco ad amarti;/voglio offrirti una parte di me,/ma ricordati che sono solo un film al primo tempo” (“Estro mood”). Il lettore deve essere attento, trovare la chiave di lettura per aggiungere all’impasto tutto il resto. L’interno dell’opera è offerto in dono ma non per tutti! Chi vuole raggiungerlo deve pazientemente rispettare e seguire il cammino. Viaggiare al fianco della poetessa. Come la scalata in cordata è una ascesa che si percorre legati gli uni agli altri, raggiungere la cima insieme è il fine, lo scopo e il “mood”. Gli occhi, via della bellezza, contengono il codice d’accesso, la combinazione per aprire lo scrigno: “Conosci gli spigoli della mia mente, /ma non hai ancora la chiave/per vedere le sfumature del mio cuore. Sono in estro mood:/ho una combinazione segreta,/ma non è difficile aprire la scatola nera./La parola d’ordine è nei miei occhi;/il sentiero del bosco è troppo oscuro,/ma so che non perderai la bussola. /Ci vuole un po’ di pazienza,/ma arriverà la pioggia dopo tanta siccità./Mi perdonerai se non seguo il tuo passo,/ma sono un’atleta alla sua prima competizione;/non ho molto allenamento/E ho paura di non raggiungere il traguardo” (“Estro Mood”). Eppure questa chiave ha valore solo per chi sa a cosa serve! Vengono in mente i versi della poetessa premio nobel Wisława Zymborska: “La chiave c’era e non c’è più./Come entreremo in casa?/Qualcuno la potrà trovare,/la guarderà – per farne cosa?/Camminando la rigira su e giù/come un ferro da buttare[..]/Sollevato nell’altrui mano non aprirà nessuna casa/e sarà solo una forma/e che ruggine la roda” (“La chiave”, W. Zymborska). Chi apre con essa, dunque, la “scatola nera” capirà come ogni poesia sia un viaggio nuovo, un mondo da scoprire. L’immagine calzante è di un ultimo e primo giorno dell’anno contemporaneamente, come un mandala stupendamente rifinito, sul quale la poetessa è pronta a soffiare per spazzarlo via per crearne un altro più bello: “Come l’ultima notte di dicembre/E il primo giorno di un altro anno/Mentre qualcosa finisce qualcos’altro inizia./Puoi vederlo solo come la traiettoria di un percorso che si allunga,/ma è un ciclo che si chiude “(“Come l’ultima notte di dicembre”). Bisogna cogliere l’attimo, CARPE DIEM, cogliere la bellezza, cogliere l’amore. Finire per ricominciare. L’andar via non è un morire, ma un cambiare, un evolvere, un rinascere. Le piastre del defibrillatore scaricano l’energia sul cuore che riprende a battere come l’inchiostro su un nuovo foglio: “Si può morire per risorgere/o resettare tutto per nascere./Come se fosse la prima volta. Io scelgo di resettarmi,/di cancellare tutti gli sbagli che ho cresciuto/di distruggere tutte le tracce che ho inciso/ per far volare un foglio bianco con un respiro nuovo” (“Come fosse la prima volta”). Poesia della vita, poesia per la vita: “Occhi aperti abbastanza per far filtrare un raggio di sole:/vita che passa davanti in un secondo” (“Uno splendido soggiorno (in Paradiso)”). Ogni nuovo inizio cambia Stefania, la poetessa è migliore, è libera, si sente pienamente se stessa. Le maschere imposte da un mondo falso cadono, non servono più. Le vite che non sono le nostre non hanno più senso. E allora provocatoriamente o liberamente ognuno si scelga il proprio vero nome che sarà come un’alba che nasce dentro l’imbrunire: “Anche se mi conoscete,/chiamatemi Stena./Stena è il mio nuovo inizio,/quando voi sarete la mia fine./Rimango la stessa mentre sciolgo le mie maschere./Stena sarà la notizia nascosta in una monotona giornata,/la vittoria imprevista in una sfida truccata/nella quale qualcuno ha già deciso che a perdere saresti stata tu./Non voglio toglierti il primo piano della scena,/ma anche io ho qualcosa da mettere in gioco/e, forse, saranno le stesse parole che accompagnano la tua musica./Stena è il confine tra il tramonto di oggi e l’alba di domani” (“Stena”). Si può imparare e riuscire a volare. Già! La poetessa aveva la potenzialità di farlo ed era stata incatenata a terra: “Non mi importa se siete troppo impegnati a guardarmi dal basso,/Perché io sto volando su realtà troppo alte” (“Come fosse la prima volta”). E allora tu che ti avvicinerai a questi versi, passa dagli occhi e cerca la chiave, apri lo scrigno e trova il tesoro che Stefania, nella sua “Estro Mood” (facoltà poetica), ti ha nascosto lì in dono, sentirai una scarica sul cuore e imparerai anche tu a volare!