A Roma la mostra “1938. La storia”

Presentata in occasione delle celebrazioni in ricordo del 16 ottobre 1943

C’è la mamma dei fratelli Rosselli che sorride con le sue nipotine. Poi una festa di matrimonio a Roma, alcuni scienziati ebrei che vanno in gita con il parroco, quattro fratelli volontari della Grande Guerra, e una ragazza torinese che si esibisce al pianoforte per il suo Bat Mitzvà. Sono immagini scattate prima che le leggi razziali si abbattessero su un pezzo d’Italia, sugli ebrei italiani. E’ stata inaugurata, in occasione delle celebrazioni del 16 ottobre 1943, data del rastrellamento degli ebrei romani, la mostra alla Fondazione Museo della Shoah di Roma “1938 – La storia” dedicata alle leggi razziali, promulgate il 17 novembre del 1938. «Questa è la prima delle due esposizioni che stiamo realizzando in occasione dell’ottantesimo anniversario della promulgazione delle leggi razziali in Italia – dice il presidente della Fondazione Mario Venezia -. Affrontiamo uno dei periodi più bui della storia italiana, in cui sono stati violentemente calpestati i diritti di una parte dei cittadini».

Per la prima volta viene presentato pubblicamente il filmato in versione integrale il discorso razzista di Mussolini, che fece nel settembre del ’38 a Trieste e che fu l’anticamera delle leggi razziali. Il video, restaurato dall’Istituto cinematografica della Resistenza di Torino, consiste in 34 minuti di odio antisemita: «Nel filmato, che è rimasto nascosto troppo tempo – spiega il curatore Marcello Pezzetti -, Mussolini dice che gli ebrei rappresentano “un nemico irriconciliabile con il fascismo” e rivendica il fatto che si tratti di una decisione autonoma, che non dipende dall’alleanza con la Germania».

Con le leggi razziali gli ebrei furono poi definitivamente esclusi dalla vita pubblica: «A chi dice che fu una campagna all’acqua di rose dimostriamo attraverso i documenti esposti quanto la normazione delle oltre 90 disposizioni antiebraiche fu capillare – continua Pezzetti -. Questo temporale tragico si abbatte soprattutto sul sistema scolastico, e gli ebrei vengono espulsi da ogni ambito, sono radiati completamente dal mondo accademico». Ci sono le foto dei premi Nobel Montalcini e Modigliani, a cui fu proibito di studiare, e di tre bambini ebrei che a Fiume siedono su un muretto e leggono in orario non scolastico, perché erano le ore in cui gli era concesso. «Il mondo fu diviso in due» da una parte gli “ariani” dall’altra gli ebrei. E i decreti antiebraici toccarono tutti gli aspetti della vita sociale, anche lo sport. «Abbiamo ritrovato all’archivio generale del Coni il verbale del febbraio 1939 in cui si dice che si è conclusa l’epurazione del mondo sportivo italiano. – continua Pezzetti – C’è la firma di Starace (presidente del Coni) e Vaccaro (Presidente Federazione Italiana Gioco Calcio) che era un grande antisemita. Abbiamo molti articoli sul tema, presto andremo dalle federazioni per chiedere i verbali».

La mostra continua raccontando i campi di internamento per ebrei stranieri o ritenuti pericolosi, come quello di Ferramonti, gli schizzi di Eugenio Gentili-Tedeschi, compagno di università e amico di Primo Levi, che disegnò l’esclusione e il lavoro coatto. «La risposta della maggior parte degli italiani alle leggi razziali fu l’indifferenza. In generale non ci fu né empatia né solidarietà verso il vicino di casa, approvarono, si adeguarono all’antisemitismo». L’epilogo fu la deportazione nei campi di sterminio da cui solo poche persone si salvarono. «Noi adesso dobbiamo concentrarci su come evitare il ritorno di esperienze analoghe – conclude Pezzetti-, negli 80 anni dalle leggi razziali, vogliamo capire cosa portò alla più grande tragedia italiana».

di Ariela Piattelli, la Stampa

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