Intervista d’Autore – Alberto Del Sordo

Da dove nasce l’intenzione di pubblicare una sua personale raccolta di testi?

L’intenzione deriva dalla volontà, se nonché necessità, di poter sfogare quei sentimenti che, molto spesso, rimangono celati nel profondo dell’animo. Ho sempre tenuto per me gli scritti, parole e aforismi, tutto ciò che la mente percepiva, ciascuna sensazione o pensiero, ma altrettanto spesso desideravo che questi benedetti altri, che tanto ho cercato di attrarre quanto spingere fuori dal guscio, potessero non capirmi, ma quantomeno cercare di avvicinarsi il più possibile a un turbinio di immaginazioni e colorazioni di come vedo io il mondo, tanto quello reale quanto quello spirituale.

Come ha scelto il titolo dell’opera e perché?

“Un Santo Diavolo” rispecchia pienamente la mia personalità, di come percepisco le circostanze e gli eventi. Giornate di assoluta positività alternate a momenti di sconforto totale, di lucida follia su come e quando allontanare chiunque voglia intromettersi nella mia giornata “no”. Santo perché credo fortemente, perché adoro aiutare e mettermi a un secondo posto pur di rendere felice chi mi siede accanto; Diavolo proprio perché altrettanto spesso l’egoismo pervade ogni poro e ogni cellula del corpo, quell’Ego che mi ha tratto spesso in inganno ma che, però, mi ha anche donato enormi piaceri.

Ritiene che l’immagine della copertina rispecchi il contenuto e l’intento del suo libro?

Assolutamente si! Ho immaginato il fuoco ardere e bruciare le pagine di un testo sacro; non per blasfemia ma come simbologia di un’antitesi che rappresenta, nella realtà passata, presente e futura l’umanità intera, la sua luce e le sue ombre.

In che modo ha selezionato i testi da pubblicare? Sono testi scritti con l’intenzione di far parte di un’unica pubblicazione oppure li ha selezionati successivamente tra tutta la sua produzione letteraria?

Debbo ammettere di aver scritto talmente tanto, sin dall’infanzia, che all’interno dell’opera ci sono testi che hanno vent’anni, a cui sono legatissimo… redatti di getto, pieni di odio, di malinconia ma anche di frenata passione e di sprezzante felicità! E ho colto l’occasione, soprattutto per me, di essere spettatore della mia stessa evoluzione psicologica e letteraria.

Qual è il messaggio che desidera lanciare ai lettori tramite il suo libro?

In realtà nessun messaggio intrinseco; solo la voglia e la dimostrazione che a volte, rimanere raccolti e mettersi a nudo su un semplice foglio, è curativo per l’anima e vale più di qualsiasi altra esperienza. Questo vale per tutti, non solo per chi sa scrivere…

Quali sono i suoi punti di riferimento letterari? Quali autori l’hanno più influenzata a livello stilistico e perché?

Alla base sono un romantico della nostalgia! Avrei sguazzato nel decadentismo, sarei stato il miglior amico di Oscar Wilde, avrei dato pacche sulla spalla di Giacomo Leopardi, cene a lume di candela con Ugo Foscolo… amo quegli artisti dannati, non quelli attuali perché in realtà li vedo privi di qualsivoglia giustificazione, esclusa Alda Merini i cui testi dovrebbero inciderli sulle strade, ma quei letterari che hanno terribilmente sofferto per colpa di un’era non adeguata ai loro sentimenti e che, invece, avrebbero voluto urlare a squarciagola le loro Odi di disperazione.

Quanto e in che modo la sua vita privata, gli studi intrapresi e il suo lavoro influenzano la sua scrittura? Può farci un esempio citando uno dei testi in cui emerge questo aspetto?

Tutto si basa sulla mia vita! Io che ne ho dovuto gestire le innumerevoli sfaccettature… non è stata per nulla semplice, ma solo per mia scelta, e i lavori intrapresi hanno sconquassato un animo già irrequieto! Gli studi mi hanno concesso il pane, un’apertura mentale e la capacità di critica razionale; per il resto, ne avrei potuto fare tranquillamente a meno. Ecco perché non posso citare un singolo testo, perché ogni parola, frase arzigogolata, ciascuna ferita o soddisfazione è tutta qui dentro… frutto di un momento istantaneo del vissuto quotidiano!

Riesce a immaginare la sua vita senza la scrittura?

Sarebbe come vivere solo per sopravvivere… Già se non ci fossero biglietti o frasi dedicate ai cari, piene d’amore e d’affetto, significherebbe camminare al buio e senza stelle!

I termini che sceglie di utilizzare nelle sue poesie sono ricercati e studiati oppure sono frutto dell’ispirazione del momento?

I termini utilizzati sono l’emblema di uno schizzo istantaneo! Mai li ho dovuti ricercare anzi, più che spesso, ho inventato parole che, anche a voi, sono sembrate come meri errori (o orrori) grammaticali! Adoro inventare parole che poi rimangono nello stretto circolo familiare ed è per questo che, le migliori poesie, le ho scritte in tre minuti. Quando l’idea se ne va, lascio che vada…

Quale tra le poesie della raccolta sente più cara o rispecchia maggiormente il suo sé poetico e perché?

La cosa che mi ha sempre spinto a scrivere è il tema della vita e della morte; non so, ma sento di essere terribilmente legato a qualcosa che si trova di là, senza però spiccioli spiritualismi. Per non parlare poi delle volte, ahimè, che ci sono andato così vicino… Ecco perché, se proprio devo, citerei “Vivit Per Miraculum” e “Morte che unisce”.

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