L’Immenso nel banale di Adriana Ferrari

Da dove nasce l’intenzione di pubblicare una sua personale raccolta di fotografie?

“In verità non ho mai pensato ad una mia pubblicazione in quanto, non professionista del settore, ma semplice dilettante… mi è stata proposta dalla vostra redazione e ho accettato volentieri.”

Come ha scelto il titolo dell’opera e perché?

“La scelta del titolo è venuta naturale, fotografare un fiore piuttosto che una nuvola per un occhio superficiale e distratto è solo banalità: per me è immensità, siamo circondati ovunque dalla bellezza… uno spreco non coglierla!”

In che modo ha selezionato le fotografie da pubblicare? Sono opere realizzate con l’intenzione di far parte di un’unica pubblicazione oppure le ha selezionate successivamente tra tutta la sua produzione?

“Ho fatto una selezione fra circa cinquemila foto che ho realizzato nel tempo… non è stato semplice, probabilmente erano in attesa di un’occasione che è arrivata grazie alla vostra redazione.”

Qual è il messaggio che desidera lanciare tramite il suo libro?

“Il messaggio è semplicissimo, godere delle piccole cose e non dare nulla per scontato: abbiamo occhi per vedere e un’anima per sentire…”

Quali sono i suoi punti di riferimento artistici? Quali autori l’hanno più influenzata a livello stilistico e perché?

“Non ho autori di riferimento, cerco di esprimere me stessa fotografando la natura, è lei la mia principale fonte di ispirazione: le piccole cose che ci circondano, un filo d’erba, un piccolo fiore nascosto, una nuvola che passa…”

Quanto e in che modo la sua vita privata, gli studi intrapresi e il suo lavoro influenzano la sua arte?

“Conducendo una vita piuttosto frenetica e stressante mi piace prendere dei momenti che amo trascorrere all’aria aperta passeggiando in mezzo alla natura lontano dal frastuono della città.”

Come realizza i suoi scatti? Sono frutto dell’ispirazione del momento oppure tende a ricercare situazioni e luoghi in cui poter realizzare lo scatto perfetto?

“Non cerco lo scatto perfetto, cerco di dare un’anima ai miei scatti sperando di suscitare un’emozione in ì chi li guarda…”

Quando si è avvicinata alla fotografia? Ha sempre scattato in digitale o anche in analogico? Nel corso degli anni ha seguito dei corsi per studiare nuove tecniche?

“Ho avuto la passione per la fotografia sin da ragazzina. La mia prima macchina, una Canon, l’ho avuta in regalo nel 1977, non esisteva ancora  il digitale ovviamente. Certamente aiuta i meno esperti e semplifica  il processo fotografico oltre a svariati altri vantaggi come cancellare le foto che non piacciono, modificarle  ad esempio… ma la vera fotografia per me è in analogico: lo scatto su pellicola è unico. Non ho mai seguito un corso motivo per cui, con mio grande rimpianto e rammarico, non sono mai diventata una professionista, fotografare è rimasto solo un hobby, una passione a livello amatoriale. Non basta avere occhio, bisogna anche studiare e acquisire competenze tecniche se si vuol fare uno scatto in avanti per usare un termine a tema.”

Qual è il suo genere fotografico preferito? Still life, street photography, reportage,
naturalistica, ritrattistica…

“Sicuramente il mio genere preferito è la foto paesaggistica, è più vicina al mio sentire ma la street photography ha il suo fascino, è un’apertura sul mondo e sulla vita reale.”

È solita post produrre i suoi scatti oppure preferisce lasciarli fedeli all’originale?

“Non amo le foto costruite per cui non ritocco mai le mie foto perché perdono di naturalezza anche se ormai è una pratica molto diffusa: a furia di ritoccare le immagini il risultato che si ottiene è qualcosa di lontanissimo e di totalmente diverso da ciò che era lo scatto originario. Le immagini ritoccate per me perdono la loro anima, certamente bellissime e perfette ma tutte uguali. Cosa c’e di più vero e autentico di un volto? Perché mi domando si ritocca fino a stravolgerne totalmente la fisionomia?”

Riesce ad immaginare la sua vita senza la fotografia?

“No, non riesco ad immaginare la mia vita senza fotografia… mi priverei di una gran parte di divertimento!”

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