Interviste d’Autore – Trifone Spinelli

La poesia di incipit presente in questa collana “Avvertenza” possiamo ritenerla un manifesto della sua poetica? Perché ha ritenuto importante che fosse la prima?

Si tratta di una collocazione precisa, quasi segnaletica. Per più di trent’anni ho spiegato ai miei studenti delle superiori i Manifesti letterari ma anche le poesie proemiali che in molti autori della tradizione classica e moderna sono un preannuncio dei temi e delle scelte stilistiche personali. Inevitabile che mi restasse il bisogno quasi automatico di un vero e proprio “introibo” poetico. La mia non è stata solo un’esigenza strutturale e una dichiarazione d’intenti ma anche un tributo un po’ funambolico e quindi in parte autoironico alla grandissima tradizione di cui, piaccia o no, siamo eredi ancorché non epigoni. “Avvertenza” è una poesia che dichiara la libertà espressiva come necessaria e imprescindibile sia nella punteggiatura sia nei temi e nel gioco retorico complessivo di ogni lirica.

Dalla sua nota biografica apprendiamo che ha compiuto studi classici ed ha insegnato in Italia e all’estero. Quanto e in che modo la sua vita privata, gli studi intrapresi e il suo lavoro influenzano la sua poetica?

Dapprima l’hanno influenzata in modo troppo diretto, tanto da inibire la gestazione stessa di qualsivoglia composizione. Agivano in tal senso sia il ben noto “effetto intimidatorio” dei classici, così grandi da non poter io reggerne il confronto, sia un precipitato troppo diretto delle esperienze quotidiane che spegnevano sul nascere anche solo le prime movenze espressive. Mi piacciono le poesie dimesse e nelle quali la dimensione quotidiana è spesso il punto di partenza per approdi esistenziali più suggestivi. La giusta combinazione-misura tra il dimesso e il lirico, questo è stato a lungo il problema.

Qualcosa di nuovo e di singolare è scaturito quando il bisogno di esprimermi è diventato così irreprimibile da capovolgere il meccanismo inibitorio. Volevo comunicare non più ‘solo’ come insegnante ma anche come scrittore umile, umilissimo, senza il sogno della Fama, ma spinto da qualcosa di profondo. Forse l’essermi nutrito di così tanti scrittori e opere ha creato nel tempo quasi delle premesse ancestrali da cui doveva ormai scaturire qualcosa di totalmente mio. Sono stati determinanti anche lo studio della musica e la pratica quotidiana di un’altra lingua, il Francese, per il mio lungo lavoro di docente di Lingua e Letteratura italiana nelle Scuole Europee.

Gli stimoli linguistici e musicali hanno arricchito e facilitato le mie scelte espressive. La dimensione esistenziale, tuttavia, è l’aggregante di tutte le esperienze culturali e lavorative; tra queste un ruolo di primo piano ha avuto il complesso ma fertile rapporto con i giovani.

Leggere Tolstoj e don Milani, tra molti altri, mi è servito anche a comprendere il ruolo di primo piano che concretamente bisogna dedicare agli alunni. La necessità di migliorare quotidianamente questo rapporto è in qualche modo riuscita anche a ‘sbloccare’ l’impasse espressiva. Le possibili spiegazioni sono tali da non poter essere sintetizzate, anche perché forse coinvolgono dimensioni della psiche di cui non posso certo dirmi esperto.

Se dovesse scegliere tra i grandi scrittori o artisti quello che sente più affine a lei e alla sua poetica, chi sceglierebbe e perché?

Per la dimensione pedagogica sono talmente numerosi, da Socrate a don Milani, che mi limito a ricordare, oltre i già citati, Maria Montessori. Come romanzieri, anche qui l’elenco sarebbe lunghissimo. Tutta la costellazione dei grandi scrittori europei richiederebbe riferimenti puntuali e circostanziati. Dostoevskij, Tolstoj, Proust, Conrad e Cechov i più amati. Marcel Proust quello che mi ha influenzato e suggestionato più di tutti. Tra i poeti, i Lirici greci e latini, Leopardi, la Dickinson, Wisława Szymborska e tanti altri.

Alla musica riserverei un amplissimo capitolo ma mi limito a Bach, Chopin e Debussy, tra quelli che accompagnano le mie giornate, anche nello studio del pianoforte. L’analisi degli spartiti mi aiuta spesso a trovare delle insolite combinazioni poetiche oltre che movenze ritmiche impensabili senza ‘suggerimenti’ musicali.

Per le arti figurative, non basterebbe lo spazio di un’intervista per spiegare l’importanza che queste hanno avuto nella mia formazione ma anche nelle mie scelte in campo scolastico e pedagogico. Credo fermamente che lo studio delle arti oltre che delle scienze dovrebbe essere il fondamento di ogni sistema scolastico degno di questo nome, per l’enorme influenza positiva ch’esse hanno sull’animo e le potenzialità dei giovani, inclinandoli al bene non solo individuale ma anche sociale. Fra i tanti esempi giganteschi, la poesia dei dipinti leonardeschi mi ha predisposto sin da bambino allo studio delle arti e della letteratura. L’elenco, anche in quest’ambito, sarebbe lunghissimo.

Qual è il sentimento o il messaggio che desidera trasmettere al lettore attraverso le sue poesie?

Il respiro dell’esistenza, il bisogno di bellezza e quiete, la necessità di pensare le parole o almeno di ri-pensarle come ripensiamo ai dialoghi con i nostri simili, che vorremmo ricominciare e correggere, rimodulandoli al meglio, specie quando si sono interrotti o sono stati conclusi in un modo che nel ricordo ci fa provare sgomento o vergona. Per quanto inevitabili siano le contrapposizioni umane, il cammino dalla sana dialettica alla serenità dello spirito è per me l’unico che possa aspirare ad avere la poesia come fedele compagna di viaggio.

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