Interviste d’Autore – Giuseppe Calabrò

“Passi sul vissuto” è il titolo della sua silloge poetica. Quali sono i passi sul vissuto che hanno segnato di più la sua vita?

“Vorrei ricordarli tutti, perché ogni passo che ho fatto mi ha reso quello che sono e mi ha dato quello che ho. Tutti hanno segnato la mia vita, dandomi affetti e perdite che porto sempre con me.”

Nella poesia “Scrivere” alcuni versi recitano: “Scrivere in un presente/che rincorre il futuro,/per una storia da ricordare,/dove non si può morire/lasciando pagine bianche,/perché la morte/non potrà leggere di noi.” In quest’ottica, qual è il ruolo che svolge la scrittura? Fin dall’Antica Grecia si riteneva che la poesia e la scrittura rendessero immorali, è d’accordo?

“La scrittura ci consegna la storia, lasciando che il pensiero, tramutato in parole, diventi immortale. Le parole prendono vita e si consegnano a ogni lettore per vivere la sensazione che non c’è fine malgrado la morte. I canoni di moralità oggi sono molto cambiati. L’estetica della poesia greca ha raggiunto la vetta della bellezza raccontando di Dei ed eroi. Per gli antichi Greci è immorale solo ciò che è cattivo, e può divenire un modo di pensare o un’azione immorale destinata a offendere ogni sentimento moralmente buono. Per me è immorale non poter comunicare o scrivere il proprio pensiero.”

Nella sua nota biografica scrive: “Ho preso una penna e un foglio per non morire”. La poesia ha davvero avuto un ruolo terapeutico nella sua vita? Se sì, in che modo?

“Sì, sono riuscito a rendere invisibile la corazza che ho dovuto costruire a ogni passo della mia vita.”

Quale tra le poesie della raccolta sente più cara o rispecchia maggiormente il suo sé poetico e perché?

“Storie. Noi viviamo tra il finito e l’infinito, tra realtà e immaginazione. In un percorso che chiamiamo vita, che riconosciamo nell’attimo in cui si allontana, dove restano solo i nostri pensieri trasformati in eternità. Come racconta la poesia, ho immerso i pensieri per darle il sapore dei sogni.”

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