Interviste d’Autore – Maria Zappacosta

Nella sua nota biografica scrive: “Ungherese di nascita, cresce con l’immaginario di due mondi quasi opposti portandola alla scrittura.” In che modo questi due mondi l’hanno avvicinata alla scrittura? E perché?

“Fin da piccola ho respirato le due culture, molto diverse tra loro, che hanno arricchito in me quella creatività che è tipica negli esseri umani. Odori, suoni, percezioni dell’est che s’incontravano naturalmente con quelle dell’ovest senza frontiere; il sentire i due mondi non poteva che essere raccontato con un linguaggio comune che è quello per immagini. Due culture che hanno vissuto l’arte attraverso l’incontro di tanti popoli e mi chiedevo anche quanto l’emozione trasmessa da ciascun poeta portasse con sé anche quella degli altri, un’armonia con il pensiero di una rinascita. Penso sia questo ciò che mi abbia affascinata, e quindi mi abbia portata alla scrittura. Non ricordo quando non ho scritto, ogni momento era una vena da scrittore che fioriva, era un modo per corteggiare anche il più piccolo momento che poteva diventare un dono.”

Nel testo “Non mi veniva d’esser poeta” alcuni versi recitano: “Non mi veniva d’esser poeta, viaggiavo con sole parole tenendo pace negli scrittoi […].” Quando ha sentito la necessità di far uscire i suoi versi dallo scrittoio?

“Il 2019 è stato un passo verso gli altri, il desiderio di svelarmi come poeta, ma soprattutto di dare, attraverso le mie poesie, immagini che ciascuno fa proprie riecheggiando sentimenti, sensazioni, riflessioni; una profondità interna propria dell’essere umano spesso repressa dalla razionalità che prevale nella quotidianità delle nostre vite, non potevano quindi rimanere più nello scrittoio. Penso che le poesie siano importanti per questo, perché hanno un linguaggio universale che un poeta non può tenere per sé, ma le deve dare agli altri affinché quei versi possano risuonare negli altri facendole proprie. Uno strumento che riesce ad andare oltre l’individualismo, causa delle attuali questioni globali. Le poesie hanno dato forza a tante belle rivoluzioni per l’essere umano, spesso taciute ma mai sepolte. Penso al grande poeta turco Hikmet ma penso anche al poeta ungherese Illyés Gyula con “Egy mondat zsarnokságról” (Una frase sulla tirannia).”

Molti dei suoi componimenti hanno l’amore come tema centrale. Si definirebbe una poetessa d’amore?

Amarsi ancora è quella virgola nel cielo che si libra come volo sulla punta del vento..., esiste una continuità che porta al concetto d’infinito, il destino che si scrive invece di attenderlo, si cerca quel ponte che ci lega nei rapporti, nel rendere eterno un attimo e sentirlo fino a diventare quell’istante che non si consuma alla goccia che insiste sulla roccia, ma la modella. L’amore è quell’intimità che sboccia con la vita e mi ha sempre accompagnata come musa intensa, come una primavera che sa innamorarsi. Sì, potrei definirmi una poetessa dell’amore.”

Quali sono i suoi progetti letterari futuri? Qual è l’ultimo verso che ha scritto?

“Fino ad ora ho pubblicato due libri con altri poeti di spessore che mi hanno regalato un entusiasmante viaggio. Sempre con la casa editrice Dantebus è prossimo un terzo libro, questa volta monografico, con una fiducia rinnovata e sarà una raccolta emozionante, è ancora in fase di lavoro, ma già con una sua identità: deve essere corda d’arpa, quella rosa che si adatta al cielo. L’ultima poesia su cui ho lavorato mi ha regalato la fortuna di indagare su me stessa, sulla corrente della vita che non lascia mai un corso d’acqua indifferente. Quasi la vita ha quel sapore di vero, conviene ai pensieri semplici quando piove sull’uomo… è una riflessione sulla storia nelle sue epoche che ci interroga sui vari punti di vista. Sulla vita che va avanti pur tornando al passato per capire il presente ed il futuro.”

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