Interviste d’Autore – Francesca Cassetta

Le sue poesie sono molto ironiche. Come mai ha scelto questo stile per i suoi testi? Da cosa deriva?

“Le poesie pubblicate in questa collana nascono in risposta a stimoli emozionali molto forti, intensi, unici. È una scrittura totalmente impulsiva la mia, in ogni testo è presente una parte di me, delle emozioni di profonda intensità. Non ho, dunque, seguito un progetto compositivo, nessuna scaletta. Nonostante questo, però, ho cercato di  ”vestire” i miei personaggi, di donare loro dei costumi, di nasconderli dietro nomi bizzarri, stili di vita sregolati, per proteggerli e, quindi, per proiezione, per proteggere anche me stessa. É inoltre presente il mio interesse per la letteratura di Italo Calvino ed in particolare è il dialogo che egli instaura con il lettore all’interno del libro “Se una notte d’inverno un viaggiatore”; ciò che ho cercato di inserire nelle mie poesie. I bizzarri nomi dei personaggi, invece, sono legati a Giovanni Verga e ai personaggi dei Malavoglia. La necessità di “vestire” i miei personaggi? Chiara influenza pirandelliana, ma con una sfumatura diversa che vorrei lasciar cogliere al lettore. Nonostante le maschere, però, in alcuni brani, “i panni curiali” seguendo Machiavelli, vengono meno e ogni debolezza è completamente esposta alla luce della luna. L’adozione di questo stile compositivo deriva, pertanto, da una solida base di letteratura e, soprattutto, dal bisogno di nascondere le mie debolezze per poter, poi, giocarci attraverso le parole.”

È molto giovane e nella vita ha scelto di seguire studi scientifici. Come si è avvicinata alla poesia? Ricorda il primo testo che ha scritto?

“Avendo una formazione liceale prettamente umanistica, la scelta di un percorso universitario scientifico potrebbe sembrare illogica e anche un po’ masochista, ma la scienza è entrata nella mia vita gradualmente, per motivi personali ed è stata, e spesso lo è ancora, la sicurezza di cui ho bisogno nei giorni difficili. Pur avendo scelto di cambiare percorso, però, riesco ad esprimermi, come vorrei, solo scrivendo. Devo tutto alla mia professoressa di Lettere del Liceo perché attraverso la letteratura mi ha fornito le conoscenze per stare bene con me stessa. Mi ha continuamente spronata e sono stati i suoi complimenti in merito alle mie capacità di scrittura ad aver fatto sì che io mi buttassi a capofitto in questa esperienza. La poesia? Mi sono avvicinata alla scrittura in versi solo un paio di anni fa, grazie ad un incontro casuale e ad una altrettanto casuale chiacchierata. Volevo che questo mio incontro casuale avesse finalmente ciò che desiderava e che da troppo tempo aveva nascosto e protetto in un tatuaggio: “Vivere come se tutto fosse una poesia”. Il primo testo? Ricordo perfettamente ogni secondo, ogni sensazione che ho provato in quel dicembre 2019: un senso di libertà infinita e di orgoglio; quella poesia è stata l’inizio del viaggio verso il mio obiettivo, è un testo molto speciale per me, è quello a cui tengo di più.”

I suoi testi sono popolati da vari personaggi: Dottor Neurone, il Capitano, Donna Delusione. A chi si ispira per queste figure?

“Coerentemente con quanto ho precedentemente affermato, QUASI tutti i personaggi di questi testi appartengono alla mia quotidianità, sono persone a me molto vicine, qualcuno potrebbe ritrovarsi tra i miei versi. Dott.ssa Astuzia (alias la mia psicologa), ad esempio, è parte integrante di questi componimenti che, se uniti, formano una vera e propria storia. Il Capitano? É un amico a cui tengo molto, un perfetto Cicerone; il Dott. Neurone è, invece, un mio grande nemico: è la personificazione di una diagnosi, di un elettroencefalogramma anormale, di millivolt extra, nulla di straordinario…è solo l’epilessia. Donna Delusione? Beh, è un rebus che consegno al lettore, darò soltanto un indizio: è un personaggio unico perché viaggia tra palco e realtà.”

Se dovesse descrivere in una sola parola la sua poetica: quale userebbe?

“Sin dalle superiori ho avuto difficoltà a definire la poetica di qualsiasi autore e nonostante in questo caso debba parlare di me stessa, sento la stessa difficoltà. Queste poesie mi hanno insegnato qualcosa di importante: proprio come la fotografia, nonostante Eraclito e il suo panta rei avessero ragione, è possibile catturare qualcosa di speciale e trasferirlo in una nuova dimensione in cui si è immuni dallo Spazio e dal Tempo, affinché il ricordo resti immutato, a dispetto dello scorrere del tempo, e di qualunque fisico che dovrò studiare. In ultima analisi, dunque, la mia poesia cerca di vincere contro il tempo, cerca di proiettare nell’eternità le cose e le persone speciali… che altrimenti finirebbero nel dimenticatoio.”

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