Interviste d’Autore – Guido Cantoni

“Gocce, vita” è lo scatto che ha deciso di esporre per la collettiva di fotografia. Come mai ha scelto proprio questa fotografia? Cosa rappresenta per lei?

Finalmente ha cessato. Sento ancora l’odore della pioggia profumare le mattine d’autunno.

Ama! Tra una goccia e l’altra, se è necessario.

Ama la goccia che farà traboccare il tuo bicchiere perché da lei ricomincerai.

Ama la goccia strappata all’oceano!

Una goccia di tristezza è una lacrima.

La pioggia non è salata. Le nostre lacrime sì.

Queste parole sono di un amico, Marco Ricci e riguardano la foto in oggetto. Mi piacciono e rispecchiano molto il significato che do alla foto. Parliamo di vita. Marco parla di ricominciare dalla goccia che fa traboccare il bicchiere e quante volte nel mio percorso ho incontrato persone che dopo aver fatto traboccare il bicchiere sono ripartite e tornate alla “vita” in un cielo senza nuvole come, appunto, nella foto.”

Alcuni degli scatti che ha invece proposto per la Collana di Fotografia ritraggono degli scorci. Dunque, quali sono i soggetti che preferisce: gli elementi naturali oppure i paesaggi?

“Faccio paesaggi, scorci ma anche studi macro su fiori o insetti. In ogni caso cerco di fermare in un’immagine il momento che mi dà emozione e che cerco di trasmettere per come mi arriva. Ho fatto anche uno studio macro di insetti e piante autoctone del nostro monte aiutato da alcuni esperti. Quindi posso essere catturato da un’alba come da un fiore, da una scala di notte oppure dal mare in tempesta. Il bello lo puoi trovare ovunque ed in qualsiasi momento.”

Nella vita è un educatore in una comunità di recupero. Porta la sua passione anche lì? 

“Cerco di portare, in quello che faccio, lo stimolo a guardarsi intorno, godere del bello che c’è stato donato. Se riconosci il dono, se lo apprezzi, inizi a vedere con altri occhi la vita. Da lì puoi anche iniziare un percorso introspettivo e conoscere altre cose, immettere dentro altri dati in questo caso armonici che contrastano con la disarmonia vissuta dai nostri ragazzi. Ed in questo qualche bella foto può essere di aiuto.”

Ricorda la sua prima fotografia? Quando ha capito che da un semplice hobby la fotografia si è trasformata in una passione?

“Non ricordo la prima foto ma ricordo la prima foto che mi ha dato emozione. Era il primo dell’anno del 2000. Stavo facendo una passeggiata nel monte in una freddissima e bellissima giornata. Il Monte Brugiana praticamente ha tre cime: nella più alta c’è una grossa croce di metallo (a circa 920 m.). Ho fotografato la cima e la croce da sotto. La sensazione che ho avuto durante la passeggiata, il freddo, i colori dell’inverno, li ho provati anche guardando, dopo, la foto. Forse ho capito in quel momento cosa deve dare una fotografia. P.S. il file di quella foto l’ho perduto ma la sensazione è ancora ben viva.”

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