L’arte fa parte della sua vita, prima come ceramista e poi come pittrice. Se dovesse scegliere, quale di queste due forme d’arte preferisce?
“Non riuscirei a scegliere tra l’ essere pittore o l’essere ceramista,in quanto mi affascinano entrambi in maniera diversa. Il pittore che è in me è colui che esprime nei suoi quadri, nelle sue creazioni, un grido di quel momento bello o brutto che sia attraverso i colori, i segni, le tecniche, i supporti. Ha un ampio spazio di immaginazione, dove potersi divertire e sfogare come meglio crede. È colui che oltre ad usare il suo talento sa distinguersi dalla massa facendo emergere a 360 gradi il suo IO interiore. Io ceramista invece, sono colei che produce le ceramiche o le decora. In questo lavoro rispetto a quello del pittore, devo avere abilità e maestria per seguire accuratamente ogni fase della produzione fino ad ottenere il risultato finale. Se però dovessi scegliere il mio miglior mezzo d’espressione sceglierei la pittura, perché in essa mi sento più libera di esternare qualsiasi tipo di emozione senza alcun vincolo tecnico.”
Il suo dipinto Rinascita rappresenta un neonato tenuto tra le mani. Cosa vuole trasmettere con questa scena? A cosa pensava quando lo ha dipinto?
“Il messaggio che ho voluto lanciare è ben preciso, ossia che la vita è un grande dono, una grande opportunità e in quest’opera ancora una volta trionfa sulle tenebre. Il neonato tra le mani sta appunto a rappresentare una nuova vita che viene al mondo e da qui il titolo Rinascita: metaforicamente parlando quindi, come quel bambino viene al mondo per dare luce, così noi dovremmo rinascere a vita nuova accantonando le nostre paure ed angosce, il nostro egoismo e negatività. Quest’opera assume un significato molto importante per me, la definisco un’opera dipinta a quattro mani: insieme alle mie quelle del Signore. Sarà stato dovuto al fatto che in quel periodo, come oggi, sono alla ricerca di una seconda gravidanza, quindi mi sono immedesimata nell’opera immaginando che quella mamma gravida fossi io che manda al mondo suo figlio, placidamente addormentato sulla mano, a ravvivare i colori di quell’arcobaleno spento dall’indifferenza dell’ essere umano.”
Rinascita è un acrilico su tavola. Si definirebbe una sperimentatrice oppure è solita utilizzare sempre la stessa tecnica?
“Mi definisco una sperimentatrice, sono alla continua ricerca più che di tecniche, di materiali nuovi che possono arricchire le mie opere rendendole più originali e comunicative. Mi piace introdurre nelle mie opere materiali poveri e presenti in natura (foglie, terra, carbone, pietre, sabbia, farina etc… ). Come tecnica preferisco sempre l’acrilico: essendo una persona molto curiosa di vedere il risultato finale, non potrei mai usare la tecnica dell’olio. Prediligo la tavola alla tela per un semplice gusto. Sono un tipo anticonformista, preferisco sempre ciò che viene utilizzato di meno, in questo caso la tavola alla tela senza escludere però anche l’utilizzo di altri supporti.”
Cos’è per lei la pittura? Cosa rappresenta nella sua vita?
“La pittura per me non è soltanto un diversivo alla quotidianità ma anche un efficace strumento di miglioramento e sensibilizzazione. Mi piace pensare a lei come uno specchio dell’anima in cui ritrovarmi, riconoscermi e ampliare i miei orizzonti. Nei momenti più impegnativi della mia vita ho sempre ricercato, attraverso la pittura, una sorta di calamita, uno sciroppo per la tosse, un’aspirina per l’influenza per attenuare i malanni delle diverse stagioni della vita. Come Pollicino voglio lasciare delle pietre sul cammino perché chi arriva dopo di me possa raccoglierle e venirne stimolato a ricercare nella pittura uno strumento di riflessione ed evoluzione, di ispirazione professionale e personale. Come diceva San Francesco d’Assisi: Chi lavora con le sue mani è un lavoratore, chi lavora con le sue mani e la sua testa è un artigiano, chi lavora con le sue mani e la sua testa ed il suo cuore è un’artista.”