Intervista a Massimiliano Giannocco, prossimamente edito all’interno della collana poetica “Isole”. Già autore di sillogi e antologie poetiche: un amante dell’Ermetismo che riserva alla brevità un’importanza particolare per poter trasmettere al meglio le proprie emozioni.
Ha già pubblicato varie raccolte poetiche: è riuscito in questi anni a trasformare la scrittura in un lavoro a tempo pieno?
“Diciamo che ci sono state sillogi di poesie pubblicate nella raccolta “Novembre” dalla casa editrice “Europa Edizioni” e ci sono una serie di altre antologie ma è rimasta una passione ancora piena e viva che cerco di coltivare ogni volta che posso.”
Cos’è per lei la scrittura? Perchè sente l’esigenza di scrivere?
“La scrittura la sento come un modo necessario di esprimermi. La vivo non con serenità perché comunque sia è un processo complesso e articolato, spesso porta anche a tribolazioni interiori perché non si è mai soddisfatti di ciò che si scrive. Rimane comunque un modo intenso di esprimere sé stesso: ne sento effettivamente il bisogno. Nel momento in cui si è lettori o scrittori si condivide qualcosa di bello e di emozionante: è un momento di incontro. Nel caso della poesia la speranza è che arrivi al cuore di chi legge.”
Se dovesse identificarsi in un poeta: chi sceglierebbe e perché?
“Identificarmi è una parola grossa, non mi azzardo neanche a pensarlo. Quelli che sento più vicini e affini sui contenuti emozionali sono Baudelaire e Ungaretti, in certi casi mi sento più vicino alle tribolazioni di Baudelaire oppure alla profondità esistenziale di Ungaretti che ha vissuto un’esistenza molto intensa, tante volte anche alla potenza espressiva e alla sofferenza di Bukowski.”
Le sue poesie sono molto brevi, quasi ermetiche. Ritiene che la scrittura poetica debba avere questo tipo di impostazione?
“Io devo dire che personalmente mi ritrovo molto nell’Ermetismo. Ricordo un’intervista ad Ungaretti in cui diceva che a volte capita di scrivere poesie lunghe di getto e invece poesie brevi le ha dovute elaborare anche nel giro di più di una settimana. La poesia breve non è più semplice da scrivere proprio perché bisogna cercare di concentrare in poche parole e pochi versi l’emozione che si sente. A volte ho provato anche a scrivere poesie lunghe però ho la sensazione che la poesia breve sia più immediata e riesca ad arrivare dritta al cuore, quando magari una poesia più lunga non riuscirebbe a trasmettere la stessa emozione.”
I versi per l’autore sono come figli. C’è qualcuno dei suoi “figli” a cui è più legato? Se sì, quale?
“Sono domande tutte belle ma complicate. Non è vero che ci si affeziona in egual misura a tutto quello che si scrive, c’è sempre qualcosa che si predilige. Probabilmente la mia preferita è la poesia “Neve”, che avevo scritto a diciotto anni. Un po’ perché la sento mia per la lettura dell’esistenza rappresentata dalla neve e poi perché è adolescenziale ed è legata ai primi tentativi di scrittura con l’entusiasmo che si ha a quell’età: rispetto a tante altre anche scritte recentemente ne ho un ricordo più nitido.”