WALTER SALAMANO

LA POESIA DONA SENSO AL CAOS, SUPERA I CONFINI TEMPORALI E SPAZIALI, DIVENENDO PER SEMPRE IL CANTO BELLO E VERO DELL’ANIMA

«Quando le porte della percezione si apriranno tutte le cose appariranno come realmente sono: infinite» (Blake). L’autore Walter Salamano è un vero sapiente, un dotto, un saggio. Egli è la guida, il “pastore errante”. Chi legge si pone come “discepolo” e lo segue nella migrazione verso la Verità. Il poeta, dal greco POIEO “colui che crea”, mostra il suo viaggio, il cammino intrapreso alla ricerca, come il pellegrino russo nei famosi “Racconti di un pellegrino russo”: prima alunno, poi discepolo, quindi ermeneuta, esteta, creatore, (poeta), artista e infine saggio e maestro “ermetico”. Il pellegrinaggio spirituale e culturale si incontra-scontra inevitabilmente con il caos informe, disordinato e privo di senso. Ed è qui che Walter compie un primo passaggio determinante: l’ermeneutica del caos. Dare un senso, un ordine ed una forma ad esso è il gradino che porta l’uomo ad essere filosofo, poeta, artista ed esteta. Walter non è solo in un viaggio così faticoso, egli può avvalersi della sapienza di chi l’ha preceduto, dei “grandi” che sin dall’antichità hanno intrapreso la stessa strada. Ecco che, allora, attingere dalla schiera di filosofi e poeti, significa continuare la ricerca dell’umanità verso il Vero, unificare l’antico col presente nella scia del divenire. I Presocratici, il neoplatonismo, i testi gnostici, l’ermetismo ellenistico, Giordano Bruno, Nietzsche, Jung, Husserl, Heidegger, Sartre, Severino, Esiodo, Dante, Blake, i Metafisici inglesi, i Preraffaeliti, Yeats, Rimbaud, Campana, Ungaretti e Montale, Basho, sono le gocce che vanno a formare il fiume della conoscenza e dell’arte, dentro il quale il poeta riversa anche la sua creazione, dentro il quale confluisce e fluisce la sorgente della sua poesia. «Come gocce, scagliate/contro la trasparenza ventosa/ed impolverata/del finestrino d’un treno,/e di cui metro per metro/la partenza/mischia la sferica purezza/con il brago/disseccato/delle corse precedenti,/noi siamo, sospesi/su lastre fragili/e coperte d’antichi percorsi./Scagliate giù da un cielo/ceruleo e coperto,/corrono sghembe,/consumandosi, separandosi,/incrociandosi ed unendosi,/divenendo infine tenue riga/nel cavalcare l’urlo ed il respiro/della buia galleria» (“Come gocce”). La stessa ars poetica di Walter, il suo stile, la sua forma ed il suo senso, si evolve pian piano verso la sapienza. Dalla scrittura ermeneutica, dove il simbolo, poesia e teoresi cercano di creare uno spazio fondante un nuovo tipo di “scritturalità”, si passa alla sperimentazione erme(neu)tica che, di fatto, crea una poesia filosofica, in cui filosofia, poesia e mitopoiesi unite nel “ritmo prosodico” divengono musica, armonia e quindi “canto” del pensiero. Tale idea e creazione artistica si perfeziona sempre più nell’artifizio, nella finzione, per l’appunto, che assolutamente non si contrappone al vero, anzi è la scatola che lo contiene. La poesia è, insomma, resa sotto splendida forma e modellata in modo tale che il lettore/osservatore ne possa fruire in pieno, solo intraprendendo un percorso mentale e spirituale. Il lettore è rapito da tanta sapienza, ogni canto, ogni verso è intriso di citazioni letterarie, filosofiche. Ogni passo è un gradino ermetico da superare, per progredire nel cammino della luce. Un percorso che sorprendentemente può essere intrapreso da tutti. Walter gioca, infatti, sul confine di un ermetismo massonico e alchemico (sapere elitario) e l’idea che sia attraverso i suoi versi, quanto quelli di Yeats, Dante o Blake, od il pensiero di Eraclito o Nietzsche, anche l’uomo privo di qualità possa vedere (e fruire bellezza e sapienza) nel loro brillare aurorale (sapere per tutti). Il lettore può trovare mille chiavi di lettura, anzi ognuno ne deve costruire una diversa, dopo aver trovato la sua ermeneutica. Probabilmente Walter ha costruito così la sua mirabile opera, confidando nella connessione tra la GNOSIS, che fluisce dall’antico fino al moderno, ha una sacra e intrinseca connessione con l’animo e l’anima umana. Una di queste “auree” chiavi, custodite tra i versi, rivela un incredibile e ulteriore passaggio dell’arte. Il canto della poesia va a coincidere con quello del cuore ed elevandosi e spingendosi tridimensionalmente nello spazio e nel tempo (passato, presente e futuro) i versi divengono la melodia e le parole dell’anima: «La mia anima/è il cristallo negli occhi del morente,/il battito d’ali della folaga/colpita dal cacciatore,/che nuota la sua agonia./La mia anima/sono le braccia distese/di chi attende/il tramonto dietro l’alba,/il viso corroso della statua/nel centro della piazza./La mia anima/è un richiamo sepolto nella nebbia,/senza orizzonte né direzione./La mia anima/è un passo sull’erba,/orma spazzata/dal vento e dalla pioggia» (“La mia anima”). La voce dei poeti, dei filosofi, dei cercatori della verità, dei pastori, degli umili, dei sapienti, degli uomini di ogni tempo, grazie alla poesia divengono un canto “armonioso” delle loro anima che dona un senso al caos… ed incredibilmente e meravigliosamente è una musica che durerà in eterno nell’universo: «Era mia convinzione/che il suono degli strumenti,/o il vento sull’erba,/od il guizzo serotino/del sole sui flutti,/o la luce profumata/della stecca d’incenso,/od ancora lo sciogliersi/della frutta sulla lingua,/o la stretta di mano/a lungo attesa,/era mia convinzione,/dicevo,/che tutto questo sarebbe finito/quando l’ultimo muoversi/delle tue palpebre/fosse divenuto/marmo della tua lapide./Era mia convinzione./Erravo./Ogni cosa continua ad esistere» (“Era mia convinzione”).

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