CLAUDIA MIGLIORINI

LA POETESSA CHE, COME UN GLADIATORE, GUIDA IL LETTORE DAGLI ABISSI PROFONDI DELLA DISPERAZIONE AI CAMPI ELISI DELL’AMORE

«La vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia» (Mahatma Gandhi)». Intensi flash ed immagini introducono l’arte di Claudia Migliorini 1) un vuoto che sembra incolmabile: «L’immensità del cielo,/non lo colma,/questo mio/buco nero» (“Il buco nero”) 2) il dolore, il sangue, le spine, la terra che brucia sotto i piedi: «Questo mio dolore/mi trattiene in apnea/in un oceano buio e freddo…/vela gli occhi di lacrime/e cinge il mio cuore/in una morsa di spine./E sanguino./Io sanguino» (“Io Sanguino”). Eppure tutto ciò non è la fine ma l’inizio. Claudia si rende conto che sente questa immensa sofferenza e questo atroce dolore perché “È viva!”… e non è solo il corpo ad esserlo, ma anche l’anima, che si infiamma, arde, brucia: «Ma il sangue pulsa nelle vene ancora,/i sensi si accendono/e la terra brucia,/sotto il manto dei cupi pensieri/la mia anima è in fiamme,/e la terra brucia./La terra brucia./La terra brucia» (“La terra brucia”). Ecco che, allora, lo stesso sangue di dolore fa pulsare il cuore e piano piano si muta e purifica in acqua. Claudia si accorge di essere nel fluire del divenire, nel fiume dell’esistenza: “PANTA REI” e la donna diviene poetessa. Le lacrime si trasformano e confluiscono nella sorgente della poesia: «Non posso essere/fredda/morta pietra,/se a sfiorarmi gli occhi/sono ali di farfalle,/se sono gocce di pioggia/a bagnare le mie labbra,/se è vento caldo/che sento fra i capelli…/Non posso restare ferma qui./Il mio fiume scorre./Impetuoso./Vorticoso./Scorre» (“Il mio fiume scorre”). SOFFRO ERGO SUM e se sono viva è ora di rialzarsi, di iniziare ad esistere per davvero, di imparare a volare. Rinascere vuol dire mutare l’ERGO SUM in EGO SUM. Cambiare forma come l’acqua, rimanendo sempre essenzialmente acqua-sé stessi, ricordando chi siamo (“Ricordo chi sono”) ed accettandoci: «Io sono./Un bicchiere riempito fino al suo orlo./L’eruzione di un vulcano./Sono io./Un blocco di plumbeo cemento./Una tortuosa, scomoda, incerta strada in salita./Una notte stellata./Un limpido mare./Carbone./Cenere./E acqua./Acqua che si infrange sulle rocce./E distrugge./E cambia./E rimane acqua./E disseta./E scorre» (“Io sono”). La poetessa utilizza un sorprendente ed intenso linguaggio poetico: fisico, vibrante, intenso. Versi che variano dal molto breve sino alla perfezione dell’endecasillabo, pulsando come un cuore emozionato. Ed è proprio questo il risultato ed il fine della poesia di Claudia: emozionare ed emozionarsi… vivere a pieno la vita scorgendo in lontananza la meta. Di essa l’autrice ci dipinge la splendida immagine di un campo di grano: «Una luce arancione./Una piana di grano./Quello è il posto mio,/dove la mente si acquieta,/il respiro fluisce/e il nodo si scioglie./La luce arancione del sole…/È quello il posto mio,/dove i miei occhi distinguono figure a me care,/che da luogo di puro amore/giungono lì./Per me./Camminando fra le spighe/io ritrovo il mio essere./Profondo./Imperscrutabile./E incomprensibile./Il posto mio è quello./Luce arancione./Piana di grano» (“Piana di grano”). Il lettore è avvolto dalla profondità di quest’artista, che lo guida per mano, come un gladiatore, dagli abissi profondi della disperazione ai campi elisi dell’amore: «La vita non si misura attraverso il numero di respiri che facciamo, ma attraverso i momenti che ci lasciano senza respiro» (Maya Angelou).

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