AMARE DAVVERO VUOL DIRE FARLO COL CORPO, CON L’ANIMA, CON LA MENTE… E CON LA POESIA
«Talvolta con il Cuore/Raramente con l’anima/Ancora meno con la forza/Pochi – amano davvero.» (“Emily Dickinson”)
Gioacchino Stalliviere è un uomo che ama davvero, con tutto sé stesso: anima, mente, corpo ed arte.
L’autore ne mostra l’intenso percorso: il sentimento nasce nel cuore, sale sino alla mente, si eleva al livello dell’anima ed, infine, si suggella per sempre nei versi.
La poesia è l’elemento che nobilita, rende eterno, l’Amore. È la ciliegina sulla torta, il puntale sull’albero di Natale, la Stella cometa nel presepe. Tramite i versi, il poeta innamorato scrive la propria esperienza “per sempre” nel libro dell’Universo, condividendola col mondo, col lettore… il cuore si apre mostrando “nudo” le proprie gioie e le proprie ferite.
Centro della Poesia è la donna! Colei che ha ispirato poeti, pittori, scultori… artisti di ogni epoca e cultura dalla origine dei tempi. Gioacchino vive intensamente “l’eros”, il suo messaggio al mondo è che tale esperienza va affrontata da un essere umano “unificato”, tanto nella passione e nella spiritualità, quanto nell’arte, nella poesia.
Ecco che, allora, il linguaggio e lo stile del poeta riflettono tale concezione, attingendo: 1) alla tradizione amorosa italiana, quella che parte dai poeti siciliani, dal Dolce Stilnovo e da Petrarca, per esprimere la nobiltà, la spiritualità di questo sentimento. 2) Al D’Annunzio del Piacere e al sensismo di Leopardi, per esprimerne la fisicità, la passionalità.
«Come dirtelo che sei il suono/dei miei giorni/il giardino dei miei fiori…/il cibo che mangio con le mani/quando parte la follia delle carezze,/che assaporo dentro mentre/ti gusto baciandoti./Il pensiero fisso/il moto perpetuo…/La mia passeggiata erotica/la dolcezza e l’amarezza/il genio la sregolatezza…/la partenza che solleva i sogni/il punto fermo dei miei passi,/il punto dove mi fermo» (“SEI”).
Gioacchino è sempre alla ricerca. L’uomo/poeta, una volta dissetatosi alla fonte dell’Amore, ne è rapito in un sortilegio. I momenti senza di “Lei” sono simili ad un viandante nel deserto alla ricerca dell’Oasi, che insegue come un miraggio la meta. “Lei” è la sorgente dell’Eternità, il soffio vitale, la vitamina che dà forza, la luce in grado di rischiarare e trasfigurare “l’essere” nella bellezza:
«Baciami,/diventerò bello/aitante adorabile,/accarezzami,/avrò pelle come seta,/sorridimi/sarò per sempre radioso,/stringimi/avrai da me l’immagine/vivente del sogno./Regalami voglia di vivere/portami via/nelle pieghe della tua pelle/tienimi con te/fino a sera…./volerò nel firmamento/sarà tutto tuo l’astro/che illumina la notte/che calma i tuoi pensieri/che dà forma ai tuoi desideri» (“Radioso”).
Il poeta è consapevole di possedere un dono incredibile: la facoltà di chiudere l’universo in una scatola ed offrila in dono all’umanità. Gioacchino può rendere eterno nei versi ogni esperienza, ricordo, sogno, emozione, sentimento. La poesia è come la foto di una splendida donna in grado di mostrare ancora, nel grigiore del mondo, “la bellezza” e far innamorare chiunque la trovi e la guardi:
«La muffa che divora il cassetto/salva solo la tua fotografia,/il tuo splendido sorriso./Immobile, lunghi momenti/ad ammirarti senza pensieri/senza forze, rimpianto nostalgia/struggimento, il muro dipinge/l’immagine del mio sentimento…/Mi racconto di te ed ogni volta/mi fai volare e volere ancora/il corpo che ti vestiva,/momenti che duravano poco/e momenti l’infinito,/momenti mai terminati,/un amore mai esaurito.» (“Fotografia”).
Il lettore, che si avvicina questi versi, è come un fortunato avventuriero che, addentrandosi nelle lande ammuffite e dimenticate dell’esistenza, trovi lo scrigno di un tesoro. Esso contiene una splendida immagine, un quadro dipinto dal poeta Gioacchino che mostra l’Amore. Chi lo osserva magicamente e miracolosamente inizia una vita “vera”, è la scarica elettrica che riavvia il cuore: l’Amore pulsa, sgorga, fluisce, illumina…
«Farò della mia anima uno scrigno/per la tua anima,/del mio cuore una dimora/per la tua bellezza,/del mio petto un sepolcro/per le tue pene./Ti amerò come le praterie amano la primavera,/e vivrò in te la vita di un fiore/sotto i raggi del sole./Canterò il tuo nome come la valle/canta l’eco delle campane;/ascolterò il linguaggio della tua anima/come la spiaggia ascolta/la storia delle onde» (Kahlil Gibran).