LA POESIA È IL FILO CHE TIENE UNITI I FRAMMENTI DELL’AMORE
«Freddo sulla pelle,/freddo nelle ossa,/fredda la tua mano mentre/camminiamo fianco a fianco./Ricordo il colore del tuo corpo, la gioia che mi dava/quell’attimo di vita/non l’ho mai dimenticata./Echeggia la tua musica,/ritornano le parole dette e mai pronunciate,/fanciulla;/ti sei portata via l’ultimo/frammento del mio cuore» (“L’ultima passeggiata”). Con questi versi programmatici l’autore Alessandro Focarelli ci introduce alla sua ars poetica. L’ultima particella del cuore è stata portato via dall’Amore. La vita e il calore, associato a questa emozione, si contrappongono alla morte e al “freddo” che gela ogni cosa (cuore compreso), generati dalla assenza/non presenza. Il poeta è colui che nella sua poesia riesce a riportare la vita e a riaccendere la fiamma, anche grazie al ricordo. Questa è sia una esigenza personale, per non perire ed impazzire, sia una missione e vocazione che volge l’artista verso il mondo e verso il lettore: «Ti amerò come le praterie amano la primavera, e vivrò in te la vita di un fiore sotto i raggi del sole» (Khalil Gibran). Ecco che, allora. Alessandro ci dona un canzoniere ricchissimo, strizzando l’occhio al “Rerum Vulgarium Fragmenta” di Petrarca. Ogni poesia è una perla ideologica e stilistica che, partendo dalla poesia programmatica, riporta l’Amore nel presente, soffiando sulla fiamma dell’esistenza. Per comprendere in pieno la poetica di Alessandro, bisogna capire e sottolineare che ogni volta che questa “magia” e questo “miracolo” avvengono, è come se un pezzo del cuore del poeta si ricomponesse. Ognuna delle poesie è una tessera dell’immenso mosaico di luce definito dal poeta. L’immagine iniziale è la chiave e l’icona dell’opera: “Ti sei portata via l’ultimo/frammento del mio cuore”. Lei/Amore, ogni volta che torna, conduce in mano su un foglietto di carta una parte del poeta e dolorosamente lo riporta via quando se ne va. Uno dei primi dei “fragmenta” è dedicato allo sguardo, alla contemplazione. Gli occhi divengono la via per l’anima, le porte che conducono ad un mondo talmente dolce, che il poeta non vuole più perderne il possesso: «Nel tuo sguardo/vedo l’abisso,/dove sprofondo,/cercando me stesso./Mi perdo nel tuo mondo/fatto di dolce e soffice zucchero/dove tutto è ovattato,/creato per proteggerti dal fato./Ti ho raggiunto,/squarciando il velo del dubbio,/sono dentro ed intendo rimarci a lungo» (“Possessione). Una forte intensità che evoca immagini e quadri, tanto che prende naturalmente vita la citazione di una grande artista: «Tienimi dentro di te, ti imploro./Voglio essere la tua casa, tua madre, la tua amante e il tuo figlio…/Ti amerò dal panorama che vedi, dalle montagne, dagli oceani e dalle nuvole, dal più sottile dei sorrisi e a volte dalla più profonda disperazione, dal tuo sonno creativo, dal tuo piacere profondo o passeggero, dalla tua stessa ombra o dal tuo stesso sangue./Guarderò attraverso la finestra dei tuoi occhi per vedere te» (Frida Kahlo). Le gocce che scendono dal cielo si trasformano in un olio sacro, che impregna il corpo rigenerandolo: «Piove sempre quando non ci sei./Esco fuori,/mi fermo,/apro le braccia come un prete sull’altare /per ricevere ogni goccia /come fosse estrema unzione,/sento scorrere emissari intrisi di pensieri,/che dalla testa arrivano ai piedi,/liberandomi da quella condizione/che mi fa sentire triste./Rigenerato riprendo a camminare/fino al sorgere del sole» (“Piove”). Il “NOI” formato dall’io e dal tu è ancora possibile: «La sorte, il destino, l’illusione della vita e della morte/ci accompagnano e ci accarezzano/come la gioia e il turbamento,/si susseguono,/danzando al ritmo della nostra malinconia./Non dobbiamo dubitare dell’unica cosa certa,/noi esistiamo ed esisteremo sempre» (“Io e te”). Grazie alla poesia, il poeta cambia la sua condizione da “naufrago” a viaggiatore e come un novello Ulisse approda alla sua Itaca: «D’argento rivedo le tue acque/magnifiche e scintillanti,/dipinte sul cuore,/ne sento l’odore./Immagino tutto d’un tratto me stesso su una panchina/seduto al tepore del sole./Il sole riscalda le ossa di un vecchio corrose dal tempo,/la pelle macchiata dagli anni segnata,/ma gli occhi rimangono quelli di un bambino/che osserva la vita riflessa sull’acqua» (“Riflessi”). Avviene, a questo punto, una evoluzione. Alessandro capisce che per sentirsi “vivo” c’è anche una seconda via: «La poesia è una lettera d’amore indirizzata al mondo» (Charlie Chaplin). Essere nel mondo, accettare il ruolo di “guida”, a cui l’arte lo chiama: «Vorrei scriverti una canzone,/donarti un’ emozione,/essere presente,/vorrei non farti piangere» (“Vorrei”). Come Virgilio nella “Divina Commedia” egli conduce il lettore attraverso la realtà, che a tratti è “infernale”, a tratti è un “purgatorio” di preparazione e purificazione verso il paradiso. Un messaggio fondamentale è quello di vedere il tutto. Non fermarsi alla fine della storia, ma contemplarla nel suo insieme fatto di gioie, dolori, inizio, intramezzo, fine: «Sei rimasto solo,/non sai spiegarlo,/cerchi risposte ma non comprendo./Non comprendo come un uomo/possa solo ricordare/la fine delle storie…./Nulla è eterno a questo mondo,/ogni inizio ha una fine,/non capirlo ti sconcerta,/ti lascia senza fiato,/tutto il resto non ha significato./L’egoismo ormai prevale,/in un mondo alla deriva,/come il senso del possesso,/che ci rende prigionieri/facendoci dimenticare il piacere del momento,/condividere i nostri sentimenti,/ringraziando per il tempo che ci hanno dedicato» (“Siamo soli a questo mondo”). I lettori che si avvicineranno ai versi di Alessandro, dovranno fare esattamente questo: avere una visione univoca, universale. Osservare nel complesso il passato, il presente, il futuro ma anche saperne cogliere e raccogliere all’interno le tessere del puzzle, che si sono sparse nella vita. Il poeta ci insegna ad unirle, ad apprezzarle senza malinconia o rimpianto. Egli ci dona la POESIA che è il “filo” all’interno del quale possiamo far passare le perle della collana. Essa è il collante, è ciò che tiene uniti fra di loro gli uomini, le storie, le loro emozioni, il loro amore: «Accendere una lampada e sparire/Questo fanno i poeti/Ma le scintille che hanno ravvivato/se vivida è la luce durano come i soli» (Emily Dickinson).