Boccheggiando nell’incesto di colori
I versi, per Riccardo Piunti, sono come sentieri di un percorso che attraversano la vita. Il poeta cammina, silente ai più, accogliendo ogni sensazione che il percorso di vita gli offre; non sa e non vuole discernere con rigore analitico cosa sta accadendo ma lascia che le cose siano, senza l’ansia di definirle, di razionalizzare. Il poeta lascia che le cose lo impattino, che le emozioni lo avvolgano, lo tocchino e che la sua anima arrivi a nutrirsi di ogni piccola vibrazione di vita in modo immediato, senza contaminazioni. Vuole sentire l’impronta vivificante di ogni singola sfumatura. Piunti non si difende, attraversa ogni emozione boccheggiando in quell’incesto di colori che emergono dirompenti da un relazionarsi al mondo autentico e senza inganni, senza veli che bloccano, per paura, la circolazione reciproca delle istanze più intime. Mediante la poesia Piunti si abbandona a se stesso, lasciando che il sole penetri nelle sue ferite, rischiarando le ombre dell’anima, affinché essa torni a respirare il profumo di viole che la inebria, infondendo coraggio e speranza, di nuovo. Tornare a vivere e poter gioire, lieve e lieto, dell’incanto della dolcezza finalmente ritrovata. I versi di Piunti esprimono morbidezza, calore, sofficità; quella sensazione di godimento estatico dopo la tempesta, quando ci si nutre della calma luminosa che questa emana. L’abbandonarsi libero alla quiete dopo l’affanno: una libertà che si nutre di fiducia. La poesia di Piunti si muove in spazi utopici non localizzati, al confine tra spazio e tempo, tra alba e tramonto, dove quello scorrere frenetico e pauroso, agonizzante e bisognoso, scandito da un tempo lineare e inesorabile, non ha più senso di esistere e può cessare: passato e futuro sfumano in virtù di un “qui ed ora” che si impone energico. La necessità è quella di un ancoraggio gioioso al presente, vivo e terso, da vivere pienamente in ogni sua più piccola sfumatura perché finalmente “esisto e del cosmo mi delizio”.