“La fanciulla si armò di coraggio e trafisse il drago”
La poesia di Massimo Festa è un potente omaggio all’immagine della donna guerriera, immagine archetipica di un femminile forte e coraggioso che non teme guerra, non teme fatica ma che lotta con costanza e massima dedizione rischiando di perire sul campo di battaglia. La vita è eterna sofferenza e la donna è colei che sola può affrontare questa dura prova, superare le tante fatiche che la vita empirica, illusoria, le impone per guadagnarsi la pace infinita: è una missione divina. La donna è protagonista di un viaggio eroico oltre le colonne d’Ercole, è la prescelta, colei che può smascherare quel velo di menzogna che accieca i semplici mortali. Mortali che, come automi, annegano ignari e stolti nel cinico materialismo di un mondo senza anima. Il femminile veicola quell’estremo atto d’amore incondizionato che può salvare il mondo da un inferno imperituro: la donna è l’eroina che dona redenzione sacrificando se stessa. L’amore, per Festa, è simbolo di estrema forza e massima virtù, da ammirare ed onorare attraverso la lirica poetica.
Mediante l’immaginario poetico di Festa viaggiamo in mondi mitici e surreali dove costantemente si ripete la lotta tra bene e male, tra luce ed ombra, tra mostri di dolore e sofferenza che simbolicamente vogliono trascinarci nel loro orrore di tenebra e da cui solo la madre terra antica può salvarci mediante un atto di estrema compassione. La donna, metaforicamente, assume forme diverse, divine, magiche e potenti, custode di saperi antichi a noi inaccessibili. Festa si riallaccia ad un filone culturale di lunga tradizione che rovescia ogni immagine comune, maschilista e patriarcale, attribuendo a ciò che viene considerato fragile e debole la massima potenza e dignità: è la fanciulla, simbolo di purezza, che trafigge il drago. Il mistero della vita è racchiuso nel cuore della Madre Eterna, lassù, verso il paradiso agognato, al di là di ogni sterile e volgare umano turbamento.