Com-passione
La descrittività dei titoli che l’artista Eugenio Grosso attribuisce alle sue opere crea un contrasto che spiazza e che al tempo stesso aumenta le possibilità di lettura, di stratificazione interpretativa. Si verificano due movimenti: l’atto artistico (il fotografare o il dipingere) seleziona un oggetto (o una composizione) di per sé semplice ma che, bloccato nella rappresentazione e decontestualizzato, si potenzia di significati. Tutti i particolari, le sfaccettature dell’oggetto, le sfumature, vengono poste in primo piano, esaltate, aprendo nuovi livelli immaginativi. L’attribuzione del titolo, poi, opera una tecnica opposta. I titoli descrivono in un modo lineare ma sofisticato, assolutamente centrato, onesto e non barocco, la complessità rappresentata, tornando al “semplice” con un bagaglio onirico ed immaginativo aggiunto che permette una profonda “com-passione” con l’opera. Questo doppio movimento, percepito insieme, sincronicamente, è un atto artistico in sé, piuttosto intellettuale e molto gratificante per l’osservatore.
L’oggetto “superfice”, e tutta la sua potenzialità espressiva, viene esplorato da Grosso da diversi punti di vista. Grosso ci fa vedere quanta bellezza può offrire una superfice facendo leva sulla capacità simbolica e metaforica della sua arte, e poi, sottotitolando, ci svela il mistero della sua illusione artistica. Quella che può sembrare una donna appoggiata ad un albero, non è altro che una “Superficie con ombra”; allo stesso modo una piccola finestra color verde speranza, sola nel grigio e trafitta “nel cuore”, non è altro che una “Superficie con verde”.
La scelta delle parole, inoltre, conferisce dolcezza a scene che possono sembrare mute pur nella loro estrema evocatività, le riempie di calore e di affettività. Come in “Nicchia”, dove un piccolo girasole nasconde il suo splendore così delicato tra le mura di una piccola casa in roccia. Una protezione “su misura”, un luogo dove sentirsi a proprio agio. Quelle della sua casa di pietra sono mura aperte, che non soffocano la sua potenza espressiva, ma che allo stesso tempo lo accudiscono circoscrivendo il perimetro, lasciando fuori il pericolo e valorizzando la sua bellezza.