Tra nuovi saggi e nuovi metodi di diagnostica applicata alle immagini, la figura di Caravaggio attrae sempre di più, non solo gli studiosi ma il grande pubblico consumatore.
L’interesse limitato solo alla sua opera e non esteso anche alla tormentata vicenda esistenziale dell’artista oggi appare quasi una “mutilazione conoscitiva”.
Dalla riscoperta del pittore da parte di Roberto Longhi, in un progressivo crescendo, l’attenzione degli storici e la curiosità dei lettori è aumentata notevolmente; ora Caravaggio è diventato un divo seguito da appassionati. Intanto, la ricerca si è estesa in maniera considerevole abbracciando recenti ambiti scientifici quali, ad esempio, quelli relativi alle nuove tecnologie applicate alle immagini.
Fu proprio il grande storico e critico d’arte Longhi che riportò alla ribalta Caravaggio, studiandolo a fondo, rigorosamente, già dalla sua tesi di laurea discussa con Pietro Toesca. Pubblicherà, poi, nel 1952, il volume “Caravaggio e i caravaggeschi”, cui farà seguito la definitiva edizione del 1968, un po’ prima della sua morte. Due edizioni con varianti e integrazioni che hanno costituito e ancora costituiscono il riferimento fondamentale per qualunque ulteriore studio e approfondimento sulla pittura di Caravaggio.
Intanto, accanto agli studi filologicamente corretti, la fama dell’artista contraddistinta dalla grande, innovativa pittura si è indirizzata progressivamente sulla sua vita segnata da violenze, intemperanze, da un carattere inquieto, tale da assimilarlo alla figura stereotipata del cosiddetto “artista maledetto”. E allora ecco i film, gli sceneggiati, i fumetti che hanno ampliato la base dei fruitori, accanto agli storici, agli esperti, ai saggisti.
Quello che prevale è proprio questa sorta di “topos interpretativo”, relativo alla sua vicenda esistenziale, al suo carattere inquieto e rissoso che ne fa una figura quasi di artista scandaloso: un’opinione polemicamente discussa e sostenuta da molti dei biografi che si sono succeduti nel tempo, ben inserendosi poi nella condizione cultural-romantica del tardo Ottocento.
Nella prima metà del Settecento, Francesco Susinno, pittore e scrittore di cose d’arte di Messina, descrive con efficacia pittoresca il carattere irrequieto e alterato di Caravaggio: Per l’inquietudine dell’animo suo più agitato che non il mare di Messina colle sue precipitose correnti che or salgono or scendono. Calca poi la mano definendolo addirittura mentecatto pittore e inquietissimo contenzioso e torbido.
Bernard Berenson, importante critico e storico dell’arte, collezionista e autore di fondamentali saggi sul Rinascimento, nel 1954 scriverà un saggio dal titolo “Caravaggio. Delle sue incongruenze e della sua fama”. Non meno pungente è il titolo del recentissimo libro di Valentina Certo: un bel saggio di rara chiarezza sul periodo messinese dell’artista, “Caravaggio a Messina, Storia e arte di un pittore dal cervello stravolto”.
Probabilmente, appare più aderente alla forte personalità del pittore la descrizione che ne dà Claudio Strinati nella sua introduzione del fortunato primo volume (andato letteralmente a ruba) del fumetto “Caravaggio La tavolozza e la spada”; bella e documentata opera grafica di Milo Manara. Lo storico così scrive: Caravaggio suscettibile, impetuoso, edonista e rissoso, diventerà uno dei più grandi pittori della storia”.
Le citazioni potrebbero continuare, ma servono unicamente per indicare alcuni motivi che hanno fatto di Caravaggio una figura popolare, oscillante a tratti, leggendaria nella rivoluzionaria ricerca artistica, fino a rivestire i panni dell’assiduo frequentatore di bettole, giocatori, prostitute, fino a quella dell’assassino, del fuggiasco con condanna capitale sulla testa.
Anche questa copiosa produzione di letteratura specifica ondeggia tra chi lavora su Caravaggio con rigore filologico, recuperando documenti e tracce iconiche e chi trasforma l’identità del pittore costruendo un “proprio” Caravaggio. Forse sarà un dato strutturale quello che connette la narrazione dell’arte con le vicende umane. Hobbes e Vico sostenevano che memoria e immaginazione sono dimensioni piuttosto affini, se non gemelle. Spesso però capita di leggere chi, unicamente, si sforza di rintracciare “l’uomo che è dietro l’artista”. Un esercizio, come ho scritto per un artista contemporaneo, Giuseppe Antonello Leone, che potrebbe essere definito schizoide per il semplice motivo che la personalità creativa è unica, singola e singolare. Soltanto una deformazione cognitiva può immaginarla sdoppiata nei ruoli distinti dell’artista, da una parte, e dell’uomo, dall’altra.
Come si può osservare, la copiosa produzione editoriale su Caravaggio presenta autori di diversa formazione che trattano, con punti di vista e interessi diversi, il grande pittore.
Tutto questo può essere disorientante; pertanto, consiglierei al lettore di esaminare i vari saggi e narrazioni con un po’ di attenzione perché spesso non mettono nel dovuto risalto l’esperienza artistica dell’artista. Alcuni autori cercano di far rivivere l’uomo e l’artista esaltandone “enigmi e misteri”, spesso costruiti artatamente, come ad esempio la morte di Caravaggio trattata e drammatizzata come un giallo poliziesco.
Per fortuna, i valori della buona cultura storico-artistica italiana sono ancora presenti tra non pochi autori e ciò costituisce un sicuro riferimento per tutti gli appassionati del grande pittore.
a cura di Franco Lista