L’arte dello sguardo
Nelle opere di Alessandro Acquaviva cogliamo subito una profonda sensibilità che lo sprona, curioso, ad esplorare la complessità del genere umano, ciò che di esso è visibile e ciò che non lo è. Come un acuto scienziato scruta in profondità tra le pieghe e le piaghe di un volto o di un corpo nudo affinché nulla possa sfuggire. Sceglie un particolare di ciò che sta osservando e poi lo indaga sempre più nel dettaglio mediante un’analisi profonda e parcellizzante. Ed è in questa estrema decontestualizzazione che il dettaglio, spostato dal suo luogo d’origine, assume altre forme e si presta ad essere ciò che l’inconscio dell’artista e dell’osservatore proietta in esso. L’emersione dei simboli inconsci rende l’opera dell’artista catartica e rigenerante.
Come per le migliori tradizioni surrealiste le singole entità vengono accostate oniricamente in un apparente controsenso che rompe le leggi del reale e crea nuovi scenari, nuove forme di esistenza che si legittimano a prendere corpo nelle tele dell’artista mediante l’avvilupparsi ed il trasformarsi di un’immagine in un’altra. L’immagine diventa simbolo: è se stessa ma è anche altro.
Acquaviva ci dona nuovi mondi immaginari in cui sprofondare e da cui riemergere con nuove esperienze acquisite e tante domande da porci. Esplora e ricerca nuove emozioni, mediante l’osservazione e lo spostamento del punto di vista, lo si evince dalle diverse prospettive che sceglie di rappresentare, dai gesti, dalle espressioni e dagli sguardi che è in grado di catturare e ritradurre visivamente. La visione, in senso ampio, è un tema caro all’artista. La pupilla ricorre, sferica, fulcro del mondo; è lei che allo stesso tempo osserva ciò che è fuori da sé e rispecchia ciò che è dentro di sé, ogni patema ogni sussurro e respiro dell’anima. Ricorda!, sembra dirci l’artista, l’occhio è ubiquo, sempre e comunque osserva e viene osservato.
L’occhio artistico di Acquaviva esplora realtà invisibili situate oltre la visione ordinaria.