I suoi testi sono ricchi di punteggiatura varia (come trattini o slash): è come se parlasse contemporaneamente al lettore e a sé stessa. Come mai utilizza questo particolare stile? Si è ispirata a qualche altro poeta?
“Se la forma scompare la sua radice è eterna” – Gialal al-Din Rumi
“Le regole della sintassi sono un limite. Solo una volta che si sono apprese allora si possono abbandonare, nel senso tradizionale di utilizzo. Io credo che l’unico modo per esprimere pienamente ciò che nel concreto accade quando prende vita un testo sia tralasciando la forma, per rendere la sua radice, la sua genesi, eterna. Nel corso degli anni ho visto che i componimenti che sentivo più vicini erano proprio quelli di coloro che, tralasciando alcune regole, davano spazio ad una interpretazione più intima del testo. James Joyce, Emily Dickinson, José Saramago, Giuseppe Ungaretti, Wisława Szymborska, Erich Fried, sono alcuni degli autori che hanno un posto speciale nella mia libreria e a cui forse ho “rubato” di più. Ad alcuni di loro devo l’intimità della ricerca di una risposta, ad altri l’attenzione al particolare quotidiano che diventa motivo di analisi, agli ermetici la concezione del diverso utilizzo della punteggiatura. Non definirei però la mia ricerca ermetica, e se lo è, lo è solamente per la naturale tendenza di tutte le cose ad essere di difficile comprensione. Il mio è solo un tentativo di descrivere ciò che è, esattamente come mi appare: astruso, oscuro, permeato di un significato che mi sfugge, come se si prendesse gioco di me, e di chi come me, cerca di capirlo. Ecco perché la scelta della punteggiatura rende leggere i miei testi quasi macchinoso, non tanto per un continuo tentativo di rielaborazione ma quanto più perché parole in disuso, sintassi poco fluida, versi impazienti e punteggiatura ingombrante, rispecchiano proprio la mia visione della vita: le sue battute d’arresto, le sue salite, il suo incespicare. Utilizzare un segno ortografico piuttosto che un altro per il suo significato grammaticale per me non ha importanza; l’importante è che proprio quel segno o quella mancanza di un segno (alcune poesie sono state rimaneggiate per questioni editoriali), in quel preciso momento testuale, rievochi le sensazioni che io stessa ho vissuto scrivendo.”
“Ma vita non mi è data come foglio a righe, più come treno; e – oggi – mi sento che la mia poetica, che è quella del binario, non ha più – il suo – capostazione.” Questi sono alcuni versi della poesia “Poetica del binario”. Perché definisce in questo modo la sua poesia? Quali sono i binari a cui si riferisce?
“Questo testo è stato scritto in un momento particolarmente difficile dell’università, il momento in cui mi sono resa conto che quello che stavo studiando alla Facoltà di Economia non mi piaceva. Sono sempre stata una persona determinata e puntuale nell’ambito dello studio e del lavoro ed essere stata messa di fronte alla realtà dell’aver “sbagliato strada” mi ha segnato particolarmente. Nonostante la ferma convinzione di una causalità nelle cose, in quel particolare periodo mi sono sentita distante più che mai da ciò che volevo, o almeno, pensavo di volere. Ecco quindi i miei binari: determinazione ed efficacia nel condurre la vita, abbandonati da me, il loro capostazione. E cosa succede ad una stazione se nessuno la mantiene? I treni, le occasioni, non passano più.”
Nel testo “Limitatamente” scrive “mi condanno, scrivendo a matita qualunque cosa io pensi io faccia io dica.” Come mai definisce una “condanna” il suo talento e la sua passione per la scrittura?
“In questi versi non mi riferisco tanto alla mia poesia, quanto più concretamente l’effettiva incapacità di essere fedeli a sé stessi in ogni circostanza per “necessità sociale”. In questo testo “cerco persistenza” in quello che sono, o non sono, in ogni momento, scelta o decisione della mia vita, senza costrizioni o bias sociali. Pretendo che la necessità di ponderare in ogni occasione “la grande differenza tra il volere e l’attuare” non esista; differenza che però esiste ed è vivissima in ogni momento, differenza che mi condanna a “scrivere a matita”, quindi in modo non permanente, tutto quello che penso, faccio o dico, per paura del giudizio altrui o di me stessa.”
Pur essendo molto giovane ha una penna molto matura: è solita rimaneggiare i testi oppure scrive di getto?
“Dipende molto dal testo, ci sono poesie che scrivo di getto e mi sembrano già realizzate così, soprattutto perché, come dicevo, il mio scopo non è tanto rendere il testo perfetto, quanto più vero e sentito, di conseguenza rimaneggiarlo molte volte potrebbe snaturarlo o renderlo più artificioso. A volte invece rielaboro leggermente i testi sul piano della scelta lessicale, eliminando o sostituendo termini ripetuti o poco efficaci, o sul piano grafico, scegliendo la divisione dei versi. La parte che mi richiede più tempo è proprio quella della scelta delle tabulazioni o degli a capo per dare il giusto movimento e le giuste pause di lettura.”