LA FRECCIA DELLA POESIA NEL CUORE E NELL’ANIMA
Per introdurre l’opera poetica dell’autrice Luciana Udina, i versi più appropriati ce li fornisce lei stessa, nella poesia programmatica “La fucina dei desideri ardenti”, dove in una sorta di mito descrive come alcuni uomini in viaggio verso l’ignoto, entrano in una fucina sacra e ne escono arcieri: “Trentun uomini partirono un giorno/verso l’ignoto./Arrivarono di sera…/Il giorno dopo entrarono in fucina…/In quel luogo sacro come un santuario…/Cosa accadde in fucina non è dato sapere,/ma chiunque vi entrò uomo o donna/ne uscì arciere./Tante frecce nei loro archi ora hanno,/esse sono i valori che per sempre seguiranno./Non abbandoneranno mai più il loro obiettivo/e con tenacia ed amore lo perseguiranno/fino all’ultimo respiro. ” (“La fucina dei desideri ardenti”). La storia, quasi omerica, narrata è una sorta di scelta del “chi essere” dell’Io. La fucina è il luogo sacro dove ogni uomo riceve in dono le proprie facoltà (l’arco, i talenti della parabola evangelica) e in cui sceglie la propria vocazione, il proprio credo (le frecce). Nel caso di Luciana i doni sono: il saper guardare le persone dentro e fuori, il saper vedere e cogliere le loro potenzialità, il riuscire a leggere le anime, una sensibilità smisurata di tutto e del tutto: “Io sono pioggia e vento,/io sono salsedine e sole,/sono silenzio nel frastuono,/sono emozione incompresa,/sono mare, oceano…/sono sorriso e pianto./Io sono cielo esisto…” (“Io”). La sua scelta vocazionale è duplice: psicologa e poetessa, con lo stesso fine (telos) comune dell’aiutare gli altri e di diffondere l’amore e la bellezza con estrema dolcezza. La scelta della poesia è stata la meta di un percorso, di una ricerca (il viaggio verso l’ignoto): “Ed eccomi qui, con una grande falla nel cuore,/arenata come una barca su una spiaggia deserta…/Eppure sarei sempre pronta a riprendere il viaggio,/mi basterebbe la speranza di poter ormeggiare/in un porto tranquillo” (“Deriva”). L’anima di Luciana non poteva più nascondersi: “Sempre scalza la mia anima selvaggia,/corre nei prati nuda ed indifesa./Non sa non può e non vuole/più nascondersi….” (“Anima mia”). Attesa, quindi, come da una barca arenata sulla sabbia, la poesia (la freccia, la vocazione, il valore da seguire) ridona ad Adriana la forza d’immettersi nuovamente in viaggio nel mare. I versi le danno la certezza di un porto sicuro dove attraccare. Qui anima e corpo si uniscono come il blu e l’azzurro si confondono tra il cielo, il mare e la notte, qui l’anima vibra in armonia con l’universo: “Notte splendida e tenera notte,/..Io sto qui in assenza di giudizio/a contemplare il tuo azzurro sipario/e il mio cuore assapora/il mistero della tua bellezza/E la mia anima vibra in dolce armonia con l’Universo” (“Notte”). Allora, rifacendoci all’immagine iniziale, l’autrice diventa arciera! Immagine e strumento estremamente appropriato è “la freccia”. La poetessa infatti mira all’anima e al cuore, come Cupido d’altronde. Le frecce più belle sono quelle al cuore delle proprie donne. Adriana: ” Guardo il tuo volto segnato dal tempo,/tuoi occhi/profondi che si affacciano alla vita…/Ammiro la tua energia,/la tua intelligenza…/Gli anni passano per te come per tutti,/ma in te è sempre vivo un giovane,/ardente indomito cuore” (“Adriana”). Silvia: “Il miracolo della vita si rinnova ancora,/quanto amore, quanta bellezza ci circonda./E tu sei qui/con i tuoi begli occhi pronti ad accogliere/tutto questo…” (“Silvia”). Bambina mia: “Immagino i caldi colori/del bosco in autunno/e vedo le tue piccole mani raccogliere le foglie…/Rivedo il tuo sorriso radioso,/mentre mi corri incontro…” (“Bambina mia”). Figlia: “Chissà se mi pensi nei giorni di noia,/tra le strade assolate di Roma./Chissà se ti manco,/se ricordi la mia voce, i miei baci, gli abbracci…/godi il tuo tempo./E quando viene la sera ricordati di me mio dolce amore” (“Figlia”). Alessandra: “Non piangere Alessandra,/come una falena hai volato intorno al fuoco/e le tue ali si sono bruciate./Hanno infranto i tuoi sogni di cristallo,/hai lasciato il tuo mondo di favole,/ma questo non è la fine di tutto,/è l’inizio della vita” (“La falena”). Versi di un amore e di una tenerezza infinita, parole cercate e curate perché è come tentare di racchiudere l’immenso in una scatola regalo : ” La poesia è l’arte di far entrare il mare in un bicchiere” (Italo Calvino). L’autrice ha il dono di saper colpire e cogliere le persone nella loro totalità: “Sei come questa terra: arsa dal sole eppure ricca,/sferzata dal vento eppure calda;/inaridita in apparenza, ma generosa di frutti./Tu sei così,/dolce e tenero come un bimbo,/Hai spalle larghe rese troppo pesanti/da problemi non sempre tuoi./Sei tu e questa è la cosa più importante./Tu dolce sogno proibito,/ineffabile desiderio,/tenero e sfuggente amore mio” (“Tu sei così”). Il lettore, dunque, avvicinandosi all’opera di Luciana, si sentirà trafitto al cuore. Eppure alla fine sarà lui stesso a toccare l’anima della poetessa, visitando il suo mondo, oltre le parole, oltre le apparenze. Come lei stessa invita a fare: “Toccami l’anima/con delicatezza e dolcezza./Leggi i miei tesori più segreti,/non fermarti all’apparenza./Guarda le mie ferite e le mie gioie…/Toccami l’anima se vuoi conoscermi davvero” (“Toccami l’anima”). Perché la poesia di Luciana è una freccia in quella e in questa armonia, in questo e in quell’Immenso…